la tartaruga rossa recensione
Il poster italiano del film La Tartaruga Rossa
Quasi come se fosse venuto al mondo una seconda volta dal mutevole grembo di un oceano che tutto divora e cancella (persone, oggetti, azioni, ricordi), il naufrago protagonista del lungometraggio d’esordio di Michaël Dudok de Wit si ritrova, privato di qualsiasi legame con la propria vita passata, a mettere per la prima volta piede sulle spiagge di un incontaminato paradiso terrestre, circondato dall’acqua fin dove occhio umano può arrivare a scorgere. Nulla ci è dato sapere di questo Adamo senza tempo, né udiremo mai il suono della sua voce (lo sentiremo al massimo gridare in un paio di occasioni). Eppure questa è la sua storia: una vita esemplare, tanto semplice quanto universale.
Attraverso una narrazione di sole immagini, coadiuvate dall’evocativa colonna sonora di Laurent Perez del Mar (Il Più Grande Uomo Scimmia del Pleistocene, Le Avventure di Zarafa), siamo introdotti all’incontro tra il nostro eroe e il suo Destino, rappresentato con le fattezze di un regale e imponente animale marino: una tartaruga rossa. Non si può certo dire che il rapporto tra i due prenda il via nel migliore dei modi, eppure c’è naturalezza e grazia nel modo in cui la placida creatura si oppone alla fuga dell’uomo dall’isola, quasi invitandolo con prepotente dolcezza ad arrendere la mente e affidarsi alle cure di una volontà superiore e invisibile. La violenza di norma genera violenza ma, in questo caso, sono proprio il furore e il dubbio a far conoscere all’uomo la vera profondità del divino perdono e dell’umano sentimento.
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La Tartaruga Rossa – Photo: courtesy of BiM Distribution
Sotto lo sguardo incredulo del superstite, logorato dalla piega degli eventi e deciso a sfogare in ogni modo la propria frustrazione sulla “bestia nemica” (leggasi “fato avverso”), quest’ultima finisce infatti col tramutarsi in una giovane donna dalla folta chioma color corallo. E’ l’inizio del Ciclo della Vita come tutti noi lo conosciamo: una vita di coppia nel bene e nel male, mano nella mano contro ogni avversità. La tela del regista olandese, che sembra richiamare a gran voce le tavole del fumettista belga Hergé, prende vita alternando i tenui colori pastello degli accadimenti diurni alla loro totale assenza in occasione di alcune sequenze notturne particolarmente suggestive, durante le quali l’elemento del sogno è tutto ciò che permette di protrarsi oltre i confini di quel territorio, in direzione di uno schiacciante e conturbante mistero.
La Tartaruga Rossa (La Tortue Rouge in originale) è un inno alla magnificenza e alla caducità della Vita, una lettera d’amore all’armonioso disegno di un architetto senza volto, il personale arrangiamento di un’antica canzone che noi tutti conosciamo e che non può fare a meno di accarezzare le nostre corde. L’intimo poema di Michaël Dudok de Wit è immerso in una luce di speranza che esalta il viaggio del singolo individuo e riveste l’assenza del libero arbitrio di un’aura calda e rassicurante. Ogni uomo è un’isola… ma anche parte di un ricco e vasto oceano.
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