
Quasi come se fosse venuto al mondo una seconda volta dal mutevole grembo di un oceano che tutto divora e cancella (persone, oggetti, azioni, ricordi), il naufrago protagonista del lungometraggio d’esordio di Michaël Dudok de Wit si ritrova, privato di qualsiasi legame con la propria vita passata, a mettere per la prima volta piede sulle spiagge di un incontaminato paradiso terrestre, circondato dall’acqua fin dove occhio umano può arrivare a scorgere. Nulla ci è dato sapere di questo Adamo senza tempo, né udiremo mai il suono della sua voce (lo sentiremo al massimo gridare in un paio di occasioni). Eppure questa è la sua storia: una vita esemplare, tanto semplice quanto universale.
Attraverso una narrazione di sole immagini, coadiuvate dall’evocativa colonna sonora di Laurent Perez del Mar (Il Più Grande Uomo Scimmia del Pleistocene, Le Avventure di Zarafa), siamo introdotti all’incontro tra il nostro eroe e il suo Destino, rappresentato con le fattezze di un regale e imponente animale marino: una tartaruga rossa. Non si può certo dire che il rapporto tra i due prenda il via nel migliore dei modi, eppure c’è naturalezza e grazia nel modo in cui la placida creatura si oppone alla fuga dell’uomo dall’isola, quasi invitandolo con prepotente dolcezza ad arrendere la mente e affidarsi alle cure di una volontà superiore e invisibile. La violenza di norma genera violenza ma, in questo caso, sono proprio il furore e il dubbio a far conoscere all’uomo la vera profondità del divino perdono e dell’umano sentimento.
