I Morti non muoiono, gli zombie secondo Jarmusch – Recensione

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The Dead Don't Die
Danny Glover, Bill Murray e Adam Driver in The Dead Don’t Die
Lo zombie movie è forse il prodotto culturale e mediatico più inflazionato dell’ultimo decennio. Ne abbiamo visti proprio di tutti i tipi e a tutti i livelli: blockbuster con i divi di Hollywood, serie tv di cui si perde il numero della stagione a cui si è arrivati, le micro-produzioni no budget, piccoli cult diventati fenomeni virali in nome di una dimensione “trash” sempre più in voga, love stories, saghe epiche, parodie deliranti e si potrebbe continuare così quasi all’infinito. Quasi, appunto. Che cosa mancava? Cosa poteva arricchire il discorso di un universo narrativo ed iconografico tanto spremuto e consunto? La risposta è semplice, un film sugli zombie diretto da Jim Jarmusch.
Presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes (e accolto in maniera tiepida dalla stampa), The Dead Don’t Die segna il ritorno del campione delle produzioni indipendenti americane al cinema veemente e fuori dalle righe che lo ha sempre caratterizzato, dopo la pausa dello splendido dramma intimo Paterson (2016).
Jarmusch affianca ai suoi fedelissimi Bill Murray, Tilda Swinton e Steve Buscemi un cast strepitoso composto tra gli altri da Adam Driver, Danny Glover, Chloë Sevigny, Selena Gomez, Caleb Landry Jones, RZA ed un’inquietante (ma divertentissimo) Iggy Pop.
Bill Murray, Chloë Sevigny e Adam Driver in I morti non muoiono
Un’apocalisse zombie dovuta ad un insolito fenomeno meteorologico nella tranquilla cittadina di Centerville diventa il pretesto per mostrare uno spazio artificioso e surreale, in cui l’elemento iper-citazionista e quello metacinematografico si penetrano continuamente a vicenda, conferendo all’intera pellicola una dimensione di burla rarefatta.
I morti non muoiono ingurgita, mescola e risputa fuori tutti i cliché possibili legati al mondo degli zombie, ma in una forma assolutamente personale e spiazzante. Anche il finale, apparentemente riflessivo e chiarificatore, rappresenta una velata presa in giro a uno dei piani di lettura più ricorrenti degli zombie movie, ovvero la considerazione del morto vivente come specchio dei problemi derivati dalla cultura borghese neo-capitalista, un individuo espropriato del valore di uomo, spersonalizzato e reso schiavo dal sistema economico vigente.
Non si può tuttavia affermare che l’ultima opera di Jim Jarmusch abbia la stessa dirompenza e voglia di distruggere gli schemi che costituivano il marchio di fabbrica dei suoi primi lavori e la sensazione di essere accompagnati in un viaggio percorso molte altre volte è forte.
I morti non muoiono è in un certo senso il trionfo del meccanismo di ibridazione di stili e generi difformi volti a confluire in un’opera profondamente autoriale, che viola la negoziazione con il pubblico per aprirsi ad infiniti rimandi intertestuali.