È una lingua giocata sulla precisione l’inglese. Basta un’aspirata, un cambio di pronuncia, e quegli uccelli simpatici dell’omonimo gioco (e poi film) degli Angry Birds diventano i volatili affamati dell’acclamato cortometraggio Hungry Birds di Raffaele Romano. Vincitore del premio Best Indie Short al Los Angeles Film Award, il corto affida a degli animali così ordinari come i piccioni, il compito di sobbarcarsi la rappresentazione metaforica delle dinamiche economiche-sociali tipiche della nostra realtà. Ciò che inizia come uno sguardo nudo e crudo sulle difficoltà affrontate quotidianamente da un giovane vagabondo a Londra (l’attore e regista ragusano Giovanni Arezzo) si tramuta in un parallelismo interessante tra i comportamenti degli uomini e quelli dei piccioni, entrambi accomunati da un desiderio famelico di accaparrarsi quanto più possibile (sia esso un pezzo di pane, o una ricchezza cospicua) ai danni di chi ha sempre meno. Uno iato economico-finanziario, vero cancro della nostra società, sostenuto qui dallo sguardo di chi tutto assiste senza giustizia e parità (il vecchio, interpretato da Dominic Chianese, già Zio Junior ne I Sopranos e Johnny Ola ne Il Padrino pt.2) pronto a dimenticarsi degli emarginati, di coloro a cui la vita ha tolto tutto, nome compreso.
Il protagonista è infatti un giovane senza nome, perché dimenticato e disconosciuto da una società che non ha tempo e voglia di riconoscerlo come sua parte integrante. Di lui parlano l’aspetto sporco, trasandato, e lo sguardo perso, disorientato, affamato, abbandonato. In questa comunicazione non-verbale, giocata sull’apparenza, rimane del protagonista un sostantivo come “clochard”, o un aggettivo come “affamato”. Già perché il giovane interpretato da Arezzo è affamato, proprio come affamati sono quei piccioni che si accerchiano attorno all’uomo con il pane. Ma se gli uccelli riescono a soddisfare il loro bisogno primario, il ragazzo guarda ormai disilluso quel pezzo di pane come se fosse un oggetto prezioso. Di lui non resta che un ombra, un fantasma da scacciare via a colpi di bastone. A farsi carico di questo compito così violento e insensato è il vecchio, ora pronto a eliminare anche fisicamente la sua controparte anagrafica e povera perché difetto da cancellare nell’ipocrita e falsa opulenza cittadina.
I colpi assestati sul giovane sono inversamente proporzionali ai gesti affettuosi con cui lo stesso uomo stacca dei pezzetti di pane da lanciare ai piccioni. Un comportamento, il suo, che fa sempre più male, close-up dopo close-up, perché sostenuto dallo sguardo di uno spettatore attonito dinnanzi all’ingiustificata violenza, mentre tutto attorno è indifferenza, perdita dell’umanità, ed empatica solidarietà.
“Se vuoi il pane rispetta prima gli uccelli”. Eppure i piccioni da complici diventano ora strumento di tacita vendetta. Una ribellione karmica, che con ferocia – la stessa con cui il vecchio colpisce il giovane – assalgono l’uomo. Una violenza silenziosa perché mai mostrata in campo, ma suggerita attraverso ralenti e primissimi piani sui volti dei due protagonisti. Un campo-controcampo intessuto di suspense e animalesca ferocia, resa ancor più indicibile e sorprendente nella sua potenza allusiva, perché rilegata all’off-screen, a quel mondo – cioè – posto fuori dalle cornici dell’inquadratura e compreso nella mente dello spettatore.
La scelta di affidare alle stesse immagini l’apertura e la chiusura di Hungry Birds suggerisce inoltre la volontà di alludere a una circolarità degli eventi destinati a reiterarsi invariati nella vita di chi, come il protagonista, ha perso tutto. Di lui non sappiamo nulla. Non sappiamo da dove venga, le sue origini e cosa l’abbia portato a essere un mendicante. Ma quello che Romano riesce a comunicare attraverso il solo linguaggio filmico, orfano di dialoghi e virtuosismi autoriali, è la sofferenza di un’anima che vaga alla ricerca di un po’ di umanità.
Filtrato dalla lente del regista, il protagonista ci appare come un (anti)eroe mitologico, un Prometeo dei nostri tempi rinchiuso in un cerchio infernale travestito da quartiere londinese. È un prigioniero urbano condannato a vivere ogni giorno la stessa esistenza, lo stesso dolore, lo stesso senso di fame, mentre tutto intorno è un caos nascosto come polvere sotto al divano. Un inferno celato, quello in cui è stato (ri)gettato, da eleganza e ostentato benessere, il cui istinto di sopravvivenza è raccolto nella sua famelica potenza in animali così ordinari e schivi come i piccioni.
Qui di seguito potete ammirare Hungry Birds: