Richard Linklater presenta fuori concorso a Venezia Hit Man, una commedia noir divertentissima che colpisce nel segno. Recensione
Di cosa parla Hit Man?
Gary Johnson (Glen Powell) è un insegnante di psicologia al college con un secondo lavoro, un po’ fuori dal comune. Nel tempo libero collabora con la polizia fingendosi un sicario per incastrare i suoi aspiranti clienti. La situazione si complica quando Gary si prende una cotta per Madison, una moglie insoddisfatta (Adria Arjona), che vuole sbarazzarsi del marito.
Ispirato a una “true crime story” del Texas Monthly del 2001, il film esplora una dimensione romantica all’interno di una vicenda reale. Il protagonista si innamora di una donna, ma si ritrova intrappolato in una falsa identità che lo porta a mentire diventando qualcun altro.
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Un mix esplosivo
Hit Man è una commistione di generi: commedia romantica, noir, thriller e ancora un dramma psicologico. Tutto è miscelato con meticolosa precisione, il ritmo è incalzante, l’umorismo spiccato. C’è anche la componente assurda di raccontare la banalità di un uomo all’interno di un’avventura avvincente. Richard Linklater costruisce una sceneggiatura magnifica da black comedy noir: Hit Man è divertente, brillante e per nulla scontato. Il regista si dimostra abilissimo nel creare personaggi credibili che gravitino in un universo normale e ordinario.
Glen Powell, che ha partecipato anche alla scrittura del film, è straordinario nel trasformarsi in un finto sicario, mettendo in scena vari personaggi con l’ausilio di costumi e accessori bizzarri. Il tema dell’identità raggiunge qui la sua massima espressione trasformando il protagonista impacciato in un seducente uomo misterioso. Adria Arjona è una sorpresa e i due sono affiatati sullo schermo con tempi comici eccezionali.
Il lato sexy del (finto) crimine
La storia si addentra in territori morali ambigui, ma lo fa con estrema naturalezza e con la rappresentazione di una relazione amorosa dai risvolti sexy e spassosi.
Hit Man indaga con intelligenza sul concetto della personalità e sulla predisposizione a cambiare e adattarsi nel tempo. Il protagonista sboccia letteralmente davanti agli occhi degli spettatori, passa da essere il timido e impacciato Gary al temibile ragazzo Ron. La narrazione stessa partecipa a questo cambiamento incrementando il coinvolgimento senza mai far percepire al pubblico la stanchezza. Anzi, i dialoghi diventano deliziose scenette da gustarsi con piacere e leggerezza. Senza dubbio un film che avrebbe portato a casa dei premi, se fosse stato in Concorso a Venezia.