Esterno notte è un’opera magniloquente, l’ultima grande fatica di Marco.
Esterno notte. Un’opera solenne e rigorosa. 4 David di Donatello 2023.
Pagine di storia, il rapimento di Aldo Moro, narrate attraverso immagini. A guidare il racconto è Marco Bellocchio.
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Esterno notte (qui il trailer) convince la critica e il pubblico. Un film che crea spettacolo e intrattenimento senza rinunciare al rispetto dei fatti storici, né al gusto della licenza poetica o della drammaturgia.
La serie è disponibile su Rai Play e Netflix.
Quali sono i fatti narrati?
L’opera in due atti, divisa opportunamente per lo schermo televisivo in sei puntate, racconta i noti eventi del caso Moro: il periodo dal 16 Marzo 1978 al 9 Maggio 1978, in cui si consumò la cattura, la prigionia e la morte dell’allora presidente della Democrazia cristiana.
Scelte di rappresentazione
La serie ripercorre i 55 giorni che sconvolsero e divisero l’opinione pubblica italiana. Per esigenze narrative Bellocchio ricorre a salti temporali antecedenti il 16 Marzo; scelta essenziale per ricostruire il clima politico dell’Italia degli anni di piombo e della lotta armata. Con la coerenza della sua poetica, il regista consegna allo spettatore l’affresco di uno degli episodi più bui della storia della Prima repubblica italiana: il rapimento di Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse.
Uno sguardo all’interno di un controcampo
Esterno notte mostra gli “attori” coinvolti e sconvolti da quell’evento increscioso, lasciati talvolta ai margini.
Il primo e l’ultimo episodio sono dominati dalla figura principale. Aldo Moro funge da corollario: apre e chiude la storia, dominando la scena con una “confessione” lucida, che si rivela anche atto shakespeariano d’accusa perentoria.
Dopo l’avvio a introdurre lo spettatore negli eventi, il secondo episodio mette in scena la reazione della politica italiana, di cui Francesco Cossiga, allora Ministro degli interni del governo di unità nazionale, è l’indiscutibile protagonista. Ciò che emerge è il ritratto di un uomo complesso e ambivalente. Il filtro grottesco scelto per la rappresentazione della classe dirigente, e in particolare di Andreotti, è quanto mai azzeccato nell’idea di narrazione voluta.
Anche nel terzo episodio, attraverso lo sguardo di Paolo VI, affiorano le scene più ispirate in senso cinematografico. Il Dies irae di Verdi rimbomba potente nella trasfigurazione della via crucis del Venerdì Santo, attraverso l’allucinazione di Paolo VI.
Brigate Rosse e terroristi animano invece il quarto episodio, un interessante excursus che presentava un rischio calcolato: mettersi dalla parte dei colpevoli. E anche qui la scelta del problematizzare queste figure è rigorosa e onesta.
Il quinto episodio è quello più intimista e toccante, con i famigliari di Aldo Moro al centro della vicenda. La moglie Eleonora Chiavarelli, in Moro, rappresenta la dignità di un grande lutto annunciato.
Perché va visto Esterno notte?
Che lo si veda come una serie di 6 episodi o un film in 2 atti, l’opera riedifica uno scenario scandagliato da violenza, ambiguità e intransigenza degli attori coinvolti nella vicenda. Esterno Notte non vuole essere né un apologo, né tantomeno un trattato di ricerca storica: Bellocchio riproduce un controcampo ideale e perfetto del suo Buongiorno notte del 2003.
In conclusione
Esterno Notte riporta all’attenzione del pubblico i tragici eventi che sconvolsero la cronaca dell’epoca e di un Paese in apnea. Un capitolo di storia non ancora chiuso, di cui si sente ancora la necessità preponderante a parlarne. Perché la storia forse non sarà magistra vitae, ma certamente è un deposito recondito di memorie da preservare.