
Farrokh Bulsara.
A molti potrebbe non dire nulla, ma se parliamo di Freddie Mercury?
Ecco, trovate un essere umano che non sappia chi sia Freddie Mercury. È probabile che non ci si riesca e c’è un motivo ben valido: Freddie Mercury è uno dei personaggi più esagerati ed esageratamente pop che la storia recente ricordi. Un uragano capace di catalizzare le attenzioni di tutti attorno al suo talento smisurato, alla sua musica leggendaria e alle sue abitudini fuori dalle righe.
Sì, perché se c’è un emblema dell’esagerazione che rasenta il cattivo gusto senza mai caderci dentro, questo è proprio il buon, vecchio Freddie.
Ed ecco perché fare un film su di lui significa imbarcarsi in un’impresa destinata a non essere all’altezza: perché o la si rende un’esperienza esagerata, nel bene o nel male, o si fallisce.
Via con la musica.
Lo so, mettere Bohemian Rhapsody nella recensione di Bohemian Rhapsody è una mossa bella, ma scontata. Ed ecco perché, appunto, ci sta benissimo.
PRO
Chiariamo subito una cosa: Bohemian Rhapsody è bello.
Lo è perché la storia è bella, ma effettivamente per sbagliare questo c’era da impegnarsi. Di per sé è la classica solfa della band di sfigati che cercano di sfondare e hanno qualcosa di speciale, ma è tutto eseguito a dovere e con la giusta enfasi sui personaggi.
È molto ben girato, visivamente ha alcune soluzioni eccellenti come l’uso continuo dei riflessi su tutto (portiere, occhiali, vetri, specchi…) nei momenti giusti e certe transizioni molto azzeccate. Fotografia e montaggio sono tra i veri punti di forza del film. Sul versante colonna sonora, ca va sans dire, il risultato è facilmente raggiunto: le canzoni dei Queen sono usate come sottofondo narrativo. Spesso la scelta è fin troppo ovvia, ma essendo bellissime va bene così.
Casting: tutti gli attori sono stati scelti con grande cognizione di causa. Alcuni comprimari sono un po’ troppo caricaturali, ma non sfigurano: il modo “effervescente” in cui è girato il film lo permette. È ammirevole il grande sforzo di tutti gli interpreti per calarsi nei personaggi, specie nel modo di parlare (tralasciamo il doppiaggio italiano).

Menzione a parte: Rami Malek. Il film si regge tutto senza nessuna vergogna sulla sua interpretazione e lui è perfetto. Non è una semplice copia della controparte (come Jamie Foxx in Ray, per esempio). La star di Mr. Robot prende il personaggio – e la figura – di Freddie Mercury, lo assimila e lo rigurgita secondo la sua sensibilità. Ciò diventa una somma di qualità che supera la mera materia della pellicola (un po’ come fece Anthony Hopkins in Hitchcock).
CONTRO
Alla fine, appunto, Bohemian Rhapsody è bello perché la storia è bella, ma molto oltre non va.
Funziona perché Malek funziona, ma molto oltre non va. Ha alcuni momenti davvero emozionanti soprattutto verso lo spettacolare finale, ma per il resto è semplicemente un film che scorre liscio, senza tempi morti e sobbalzi, e intrattiene bene. Il che è positivo, se non fosse per il ragionamento iniziale…
Un film su Freddie dovrebbe essere una sfilata dell’eccesso e dovrebbe avere il coraggio di osare e osare ancora, mentre qui è tutto fatto secondo un qualsiasi manuale su come girare un film biografico.
È un buon film, ma molto oltre non va e si crea una discordanza tra la stravaganza della persona di cui si racconta e il racconto in sé.
SIPARIO
Non sapremo mai cosa sarebbe venuto fuori se avessero lasciato Bryan Singer (I Soliti Sospetti, X-Men), sostituito in corso d’opera, al timone fino alla fine.
Il sospetto è che avesse in mente qualcosa di meno blando. Ci sono piccoli spunti sparsi che poi non hanno seguito nel resto del film e che probabilmente arrivavano dalla sua mente. Mentre alcune sequenze, come quella stranissima della conferenza stampa, sembrano così sconnesse dal resto del lungometraggio da apparire fin troppo rimaneggiate.
Il film è stato evidentemente edulcorato. Il riferimento NON riguarda le inutili – e sterili – polemiche sull’omosessualità di Freddie, ma è legato alla tipologia di narrazione fin troppo semplice e “per tutti”.
