La recensione di Black Widow,
il nuovo cinecomic Marvel con Scarlett Johansson

Con Black Widow, i Marvel Studios hanno sviluppato la storia di un eroina senza futuro restituendole il suo passato.

Ci è voluto del tempo perché Natasha Romanoff avesse il suo stand-alone e finalmente, dopo anni e rinvii, giustizia è stata fatta, con un cinecomic che riesce a raccontare la parte più interessante, e mai sviluppata, dell’eroina: il legame con il suo passato.

Il film, infatti, è ambientato tra Civil War e Infinity War e ci fornisce il retroscena della presenza di Black Widow nell’Universo Cinematografico Marvel, riuscendo a raccontare, allo stesso tempo, uno spaccato familiare, la crisi d’identità del presente e la rivalità mai superata con il sistema, la stanza rossa, che l’ha “creata”.

La Black Widow di Cate Shortland, ormai tagliata fuori dagli Avengers dopo i fatti di Civil War, si ritrova coinvolta in una missione che la porterà a ritrovare la sua famiglia, o meglio, la sua infelice educazione come parte di una cellula dormiente russa che si fingeva una normale famiglia americana nell’Ohio degli anni ’90.

La famiglia di Natasha, composta dalla finta madre Melinda (Rachel Weisz), il finto padre Alexei (David Harbour) e dalla sorellina combattiva, Yelena (una Florence Pugh in stato di grazia), ricoprirà un ruolo chiave nello sviluppo della vicenda oltre a svelare i lati finora sconosciuti della protagonista.

L’impronta della Marvel su questo film è cristallina. Da un lato una trama di per sé piuttosto debole, con pochi colpi di scena e personaggi poco curati, come Dreykov il villain interpretato da Ray Winstone e il buffo Red Guardian di David Harbour. Dall’altro abbiamo tutto ciò che rientra in quel climax Marvel familiare: tanta azione spettacolare che va in crescendo (con scene che vale davvero la pena vedere sul grande schermo) e quella vena leggera e divertente.

Tutta l’azione del film è in mano alle donne, vere protagoniste del film in tutte le forme. Se Scarlett Johansson ci ha fatto affezionare a Black Widow, qui riusciamo a empatizzare ancora di più con lei. Ci sono poi una Rachel Weisz impeccabile e Florence Pugh, che è una vera forza della natura per carisma e bravura.

Il film proclama un’idea di emancipazione femminile molto chiara: quella di ritrovare sé stesse per liberarsi dal “lavaggio del cervello” sociale e dagli abusi che si subiscono quando si è in posizione di svantaggio.

Black Widow riscopre l’importanza della collaborazione e del sostegno femminile e il saper concedersi un po’ di tregua dai propri sensi di colpa cercando di raggiungere un fine comune: la libertà di essere sé stesse.

Il film riesce anche a dare una risposta a uno dei quesiti ancora irrisolti dell’intero Universo Cinematografico Marvel: cosa è successo a Budapest? È chiaramente implicito il coinvolgimento di Clint Burton nelle vicende della vita di Natasha.

Black Widow è un film riuscito che finalmente ripaga il personaggio dei torti subiti in questi anni e, anzi, è il gancio perfetto per seminare nuove storyline per il futuro dell’Universo Cinematografico Marvel.

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