Dal 1 luglio in libreria e online C’era una volta a Hollywood, in uscita in contemporanea mondiale il romanzo al di là del film

Pensandoci bene, le probabilità che l’ossessione cinefila esplosa in C’era una volta a Hollywood (qui la nostra recensione) si limitasse al singolo film erano proprio basse. Ed eccoci infatti, a quasi due anni di distanza dall’uscita nelle sale, a commentare l’omonimo romanzo di Quentin Tarantino, edito da La nave di Teseo.

Iniziamo con lo specificare che C’era una volta a Hollywood non è una sceneggiatura, non un trattamento, non un behind the scenes, bensì un vero e proprio romanzo. In quasi quattrocento pagine vengono riproposti al lettori alcuni degli episodi cult del film, affiancati da situazioni inedite tutte da gustare. Ritroviamo infatti la collezione completa dei personaggi che ci hanno conquistato. Da Rick Dalton, “un attore dell’epoca di Eisenhower catapultato nella Hollywood di Dennis Hopper”; al suo factotum pluriomicida Cliff Booth, da Sharon Tate a Roman Polanski, passando per la giovanissima attrice Trudi Frazer, Charles Manson e il suo seguito di hippie.

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La parola scritta dà la possibilità a Tarantino di amplificare a dismisura il già corposo universo narrativo nel quale ci aveva introdotto in qualità di spettatori. Ci troviamo allora a scoprire i dettagli di come si sono conosciuti Rick e Cliff; l’arrivo di Sharon Tate a Los Angeles, della passione e delle aspirazioni musicali di Charles Manson, della fondazione della Family. A scanso di equivoci: non ci si annoia mai.

Il bombardamento apparentemente didascalico di informazioni davanti a cui è posto il lettore è puro stile Tarantino; contraddistinto dalla consueta compenetrazione delle dimensioni pulp, comica e grottesca. Proposito del regista originario di Knoxville è farci assaporare pagina dopo pagina l’atmosfera della Hollywood del 1969 (“Bisognava esserci…” scrive nella primissima pagina del libro), in pieno flower power, e lo fa snocciolando aneddoti sulle produzioni televisive e cinematografiche grossolanamente ricordate “di genere” o “di serie b”, sui conduttori radiofonici della KHJ più in voga, sulla storia delle leggendarie sale di Los Angeles, come il New Beverly Cinema (oggi di proprietà della stesso Tarantino) o il Vista Theatre.
Dal punto di vista del coinvolgimento del lettore, il grande punto di forza del romanzo (come lo era stato peraltro del film) è l’incessante combinazione di eventi, situazioni e personaggi reali ad altrettanti fittizi. L’autore mescola in continuazione le carte in tavola e rielabora la storia a suo piacimento, palesando, così come nel suo cinema, una sostanziosa dose di ego e la voglia di giocare con chi gli sta di fronte.

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Se avete amato il film, insomma, C’era una volta a Hollywood rappresenta un godibilissimo approfondimento; se non lo avete visto, vale la pena comunque per il piacere di leggere un romanzo suggestivo e per nulla ordinario. Oltre a scoprire perché Bruce Lee non aveva un ottimo rapporto con gli stuntman… (l’avere visto il film e non averlo amato non è opzione considerata).

NOTA FINALE: Nelle ultime pagine viene citato un fittizio gangster movie. Il titolo è The Lady in Red, con Michael Madsen nei panni di John Dillinger e diretto da… Quentin Tarantino.
Spoiler? Divertissement? Presa per i fondelli? Solo il tempo lo dirà.