RECENSIONE DI READY PLAYER ONE,
L’ULTIMA, MERAVIGLIOSA OPERA DI STEVEN SPIELBERG

C’è un motivo se Steven Spielberg è Steven Spielberg.

È perché sa sognare più forte di tutti gli altri.
È quello che tra tutto il resto può inventare, da regista, sceneggiatore o produttore, un tipo di cinema definito (non senza spocchia, da alcuni) “per ragazzi” o eterni tali che ispiri, venga imitato e mai eguagliato. Poi può cambiare, evolversi, crescere, agire trasversalmente sui generi. Può darsi al dramma storico, al film bellico, alla fantascienza disillusa, a una narrativa anche pessimista e oscura.
Infine, a oltre 70 anni è un autore capace di tornare indietro, riprendere quel cinema che ha reso grande e insegnare di nuovo a tutti come fare a crearlo.

ready player one

PLAYERS, ARE YOU READY?

Ready Player One è tanti film in uno. Tratto dal libro cult di Ernest Cline (anche autore della sceneggiatura con Zak Penn), l’ultimo lavoro di Spielberg è una cornucopia di riferimenti pop.
In un futuro distopico e non troppo inverosimile, l’umanità al collasso ha un solo luogo di riferimento: l’Oasis, un mondo virtuale in cui si può essere e fare ciò che più si desidera.
Oasis è diventata ben presto la principale risorsa sociale ed economica del mondo. Alla sua morte, il creatore James Halliday lascia l’intera proprietà della piattaforma al primo che supererà tre prove difficilissime (un po’ come Indiana Jones e L’Ultima Crociata, via), basate sulla conoscenza della cultura pop che lui tanto amava.
Cinque anni dopo nessuno ci è ancora riuscito. Ma un gruppo di giovani amici capitanato da Wade Watts/Parzival (Tye Sheridan) e Samantha Cook/Art3mis (Olivia Cooke) inizia a capire degli indizi…

Ready Player One recensione
Tye Sheridan è Wade Owen Watts/Parzival in Ready Player One recensione

Quella che potrebbe essere una pellicola puramente citazionista e con facili richiami nostalgici a battere cassa diventa, nelle mani di Spielberg, uno scintillante atto d’amore verso un cinema ormai cristallizzato in un’epoca precisa. I rimandi più emozionanti non sono solo le comparse di personaggi oppure oggetti presi da film, cartoni animati e videogiochi iconici. Sono quelli inseriti nella trama, quelli seminascosti: i movimenti di macchina, i tagli delle scene, le inquadrature, la costruzione delle situazioni, le melodie sottili (per una volta di Alan Silvestri e non di John Williams).
In Ready Player One torna a galla lo Spielberg che forgiò E.T., Indiana Jones, Poltergeist, I Goonies, Ritorno Al Futuro… e lo fa in grande, grandissimo stile, con una cornice visiva di una bellezza forse mai vista prima.

IL CREATORE

È nella figura di James Halliday che il film raggiunge il suo livello di sublimazione: un Mark Rylance in stato di grazia è la controparte perfetta del regista. Peccato che il lavoro eccellente dell’attore sul tono di voce del personaggio vada inevitabilmente perduto nel doppiaggio.
Spielberg riversa tutto il senso del film in una sorta di alter-ego alternativo e triste. Un artefice, un riutilizzatore e dispensatore di fantasie che, però, non riesce a realizzare i propri sogni. In un crescendo finale intimo ed emozionante, tutto giocato nel piccolo regno di ogni bambino sognante, Ready Player One tira le fila di una storia semplice ed efficace.
E, soprattutto, ci fa uscire col sorriso dalla sala, contenti di aver visto qualcosa di magico. Come quando da bambini sognavamo con Elliott, Chunk, Data e Marty.

ready player one trailer finale italiano
Il mondo dell’OASIS di Ready Player One

Ready Player One è un film da vedere su uno schermo enorme, con un audio possente e gli occhi sgranati. È il miglior omaggio che il più grande cantore del “cinema da sognare” potesse fare a tutti noi, insegnandoci che non bisogna restare rinchiusi nella nostalgia, ma che non bisogna nemmeno smettere di sognare.
Di sicuro siamo grati a quel ragazzino dell’Ohio, cresciuto col naso all’insù davanti a uno telone illuminato, che di anni ne ha quasi 72 e che continua a farci viaggiare con l’immaginazione. Più forte di tutti gli altri.