perchè vedere We Bare Bears Siamo solo orsi
We Bare Bears – Siamo solo orsi
Orso Bianco è soddisfatto di questo pezzo, ma lo avrebbe scritto meglio“.
Tre orsi di razze diverse, un cast di comprimari che più diversi non si può (in tutti i sensi) e una serie di avventure folli ma puntualmente intelligenti: questo, riassunto in breve, è Siamo Solo Orsi, la serie a cartoni animati che dovete vedere, altrimenti cosa avete comprato a fare una tv?
Nata come web comic dalla mente di Daniel Chong (comic a sua volta pubblicati per un certo periodo di tempo sul suo blog e inizialmente dotati di un umorismo perfido e più attinente ad opere come South Park e I Griffin), la serie vede protagonisti tre orsi che nel tempo fino sono diventati ciò che attualmente va in onda con successo su Cartoon Network e su Boing (ed è approdato anche su Netflix).
Ma chi sono PandaGrizz e Orso Bianco?

Tre fratelli, nonostante tutto

Siamo Solo Orsi segue due linee temporali, una delle quali è ambientata negli anni ’90 e vede i tre orsi da cuccioli alla costante ricerca di una famiglia che li adotti, mentre l’altra è ambientata ai giorni nostri nelle vicinanze di San Francisco. Non vediamo mai come i tre si sono incontrati, sappiamo solo che ad un certo punto le loro strade si sono incrociate e, a dispetto delle evidenti differenze di razza urside, i tre sono diventati fratelli, con un legame indistruttibile ad unirli che va molto oltre la pelliccia. Ma analizziamoli uno ad uno.
Grizzly (Grizz) è il più classico dei party animal ai quali la cultura pop d’oltreoceano ci ha abituati: entusiasta, sicuro di sé (almeno, lui vorrebbe che gli altri pensassero così), appassionato di sport, musica, sempre pronto a fare nuove conoscenze e ad aiutare, anche fastidiosamente, il prossimo. Immaginate un mix fra Will Smith, Pippo e Jack Black.
Dei tre è il più smaccatamente statunitense, dotato di una chiara impronta afroamericana. Fulcro emotivo della famiglia allargata e traino di molte delle avventure che gli orsi vivono, Grizz è quell’amico sempre pronto a fare festa e poco propenso a rimettere “a posto” quando la festa è finita.
Panda, invece, in perfetto accordo con le origini geografiche dell’animale nella realtà, è l’equivalente di un giovane nerd asiatico-americano: insicuro, pieno di complessi e allergie, fanatico di anime e manga (solo Shojo, però) e totalmente dipendente dal proprio cellulare, col quale scatta decine di selfie da pubblicare sui propri profili social in attesa che la donna dei suoi sogni clicchi “mi piace” e si dichiari innamorata di lui. Se non fosse che Panda è gay, ma non lo ha ancora capito pienamente. Qualche piccolo passo narrativo è già stato fatto in quella direzione, soprattutto nella puntata “Panda’s Friend”, e le cose si stanno muovendo con grande naturalezza, come dovrebbe essere. Valorizzazione e normalizzazione della diversità, senza clamore. Perché essere diversi è normale.
Orso Bianco, infine, è ovviamente il mito assoluto di chiunque abbia mai visto una sola puntata di Siamo Solo Orsi. Cuoco provetto, ninja, spia, ballerino di salsa, ingegnere e straordinaria donna delle pulizie: Orso Bianco è il pilastro su cui si basa la sopravvivenza più o meno civile degli altri due sfaticati. Titolare di una commovente e tenerissima origin story, che spiega anche la sua strana abitudine a parlare di sé in terza persona senza essere un calciatore, Ice è anche il membro della famiglia di orsi più emotivamente coinvolto nell’amicizia con la piccola Chloe, uno dei comprimari della serie. Impagabili i due episodi speciali dedicati solo ad Orso Bianco (Icy Nights 1&2), in cui scopriamo che Ice ha un passato da…agente segreto? Supereroe? Del quale i suoi fratelli non sanno nulla.

Un cast di comprimari irresistibile

I tre orsi protagonisti della serie però, come detto, non si interfacciano solo fra di loro, ma col proseguire della storia incontrano sempre più persone le quali vanno a formare una pletora di co-protagonisti adorabili (tranne il koala Nom Nom, ovviamente).
Il Bigfoot Charlie, socialmente inetto, terrorizzato dal contatto con gli altri e profondamente solo. La Ranger Tabes, stramba e anch’essa solitaria, oltre che depositaria di alcune caratteristiche che la rendono estremamente apprezzata online dalla comunità LGBTQ+ (la sua doppiatrice, Cameron Esposito, è una famosa attivista e comica, dichiaratamente lesbica).
Oppure ancora la piccola Chloe, una dodicenne figlia di immigrati coreani super intelligente che va già al college (e che quindi si ritrova immersa in un mondo che la vede come un’aliena).
Tutte le persone che i tre orsi incontrano sul loro cammino sono, a vario titolo, dei diversi che spiccano fra la folla e si ritrovano per un motivo o per l’altro a condividere una fetta della loro solitudine con i tre fratelli, con la certezza che la loro compagnia e gli adorabili guai da questi ultimi provocati sappiano migliorare la loro vita.
Siamo Solo Orsi si inserisce in un solco, urgente e ben gestito, di opere animate in grado, come già detto, di normalizzare la diversità agli occhi degli adulti tanto quanto a quelli dei bambini. Un passo verso un cambiamento culturale, un passo intelligente e divertente, senza prediche e senza momenti in your face che offrono il fianco ad una pletora di moralizzatori fermi al Medioevo che non aspettano altro per poter vomitare il loro odio su tutto ciò che non è come loro credono che dovrebbe essere. Ecco che quindi diventa assolutamente normale vedere sullo sfondo delle giovani con indosso un Hijab, oppure assistere alle peripezie dei tre che, improvvisandosi tassisti amatoriali, accompagnano due spose innamorate al loro matrimonio.
Ma Siamo Solo Orsi non si ferma qui, ci sono sparse ovunque piccole chicche dedicate ad un pubblico di nerd adulti (citazioni cinematografiche, sportive, musicali, fumettistiche) e sagaci frecciatine alle ansie dei millennial e al mondo che si stanno cucendo addosso, partendo proprio dal rocchetto delle suddette ansie.
Insomma, per l’amor di Galactus, guardate questo Siamo Solo Orsi su Boing, su Cartoon Network nel bouquet di Sky, o – vista la recentissima aggiunta – nel parco titoli di Netflix. E magari fatelo vedere ai vostri bambini, non si accorgeranno di niente perché sono molto più intelligenti di noi.
Matteo Cabiola