Liberamente ispirata alla vita di Rocco Siffredi, Supersex è molto meno sexy di quanto si possa pensare

Supersex si apre a Parigi nel 2004 con Rocco Siffredi (Alessandro Borghi) invitato ad una convention sul sesso dove annuncia al mondo del porno il suo ritiro dalle scene. La serie punta l’obiettivo sul passato dello “stallone italiano” e riparte dagli albori del personaggio.

1974. Rocco Tano, dieci anni, è intrappolato nella cittadina di Ortona e inglobato nel caos della sua famiglia. Sua madre è devota al fratello Claudio e Rocco subisce il carisma del fratellastro maggiore, Tommaso (Adriano Giannini). Tommaso rappresenta quel tipo di libertà e mascolinità da invidiare; ha la vita che desidera, la ragazza più bella del paese, Lucia (Jasmine Trinca), e agli occhi del piccolo Rocco il fratello è un vero eroe.

La serie ripercorre gli anni parigini di Rocco insieme a Tommaso e Lucia, le notti a Pigalle e nei sex club dove il protagonista comincia a sperimentare il suo superpotere: il sesso. Proprio come nel giornaletto che leggeva da bambino con protagonista il porno divo Gabriel Pontello.

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Foto: Lucia Iuorio / Netflix

È tutta una questione di dimensione…familiare

Creata da Francesca Manieri e diretta da Matteo Rovere, Francesco Carrozzini e Francesca Mazzoleni, la serie parla di tradizione familiare, mascolinità e legami tossici che sfociano nel racconto biografico. Il protagonista, interpretato da Alessandro Borghi, si mette continuatamente in discussione nelle relazioni e nei vizi per placare un tumulto emotivo e sessuale costante.

Supersex si sofferma, forse troppo, sulla fratellanza disfunzionale di Rocco con Tommaso, dando a questo rapporto tormentato ed estenuante uno spazio non necessario. Probabilmente un focus maggiore sull’analisi psicologica di Rocco e una presenza minore di Tommaso, figura ingombrante e onnipresente, avrebbe reso più fluido e interessante il racconto. Rocco cresce e comincia a prendere le distanze dal fratello, lo status di eroe decade quando si accorge che Tommaso è solo un uomo…della peggior specie.

Rocco intraprende la strada del porno, ma con un conflitto interiore che lo mette di fronte a un dilemma: abbracciare il desiderio sessuale o vivere con la paura di disattendere le aspettative della sua famiglia?

Supersex recensione
Foto: Netflix

Sesso e volentieri

Per Rocco Siffredi il porno è sempre stata più di un semplice lavoro e, anzi, ha sempre avuto uno stretto legame con le sue vicende personali Per queste ragioni la serie agisce principalmente come una storia di formazione. Il sesso c’è, ma diventa funzionale al racconto dell’uomo al di là delle telecamere. Supersex fa scelte audaci nella messa in scena dei rapporti sessuali o del sesso in generale; sequenze che sottolineano lo stato emotivo di Rocco soprattutto nei momenti nevralgici della sua vita come la perdita, il desiderio e l’arroganza.

C’è una cosa che, però, la serie non fa: in sette episodi non vediamo mai la nascita “professionale” di Rocco Siffredi. Seppure si accenni alla genesi del nome, non c’è un momento simbolico di proclamazione della star mondiale. Tutto avviene in medias res, quasi come se fosse l’ennesima sfida nei confronti di Tommaso.

Nel complesso, Supersex è godibile nella misura in cui propone il tema della pornografia al pubblico televisivo, ma inciampa in un manierismo troppo convenzionale che non si addice all’espressione ardua e “penetrante” di un porno attore.