Tutti conosciamo Andy Serkis, anche se a qualcuno il nome non risulta tanto familiare.
Ma se ricordate Gollum ne Il Signore Degli Anelli, il King Kong che rapiva Naomi Watts nel 2005, il Cap. Haddock del Tintin di Steven Spielberg, o lo scimpanzé Cesare negli ultimi film de Il Pianeta Delle Scimmie, lo conoscete anche voi. Sono tutti personaggi che hanno qualcosa in comune…
L’uomo che nell’ultimo ventennio si è costruito la fama di “re della motion capture” per come ha dato spessore a quei personaggi computerizzati.
Ora anche lui ha deciso di passare dall’altro lato della telecamera e –dopo aver diretto la seconda unità de Lo Hobbit– darsi alla regia.
Il suo primo progetto, Ogni Tuo Respiro, è un piccolo, grande film. Una storia toccante e, perché no, divertente. A volte una risata può far ben altro che seppellire: la storia di Robin Cavendish lo dimostra.
Il buio, la luce
Con un prologo azzeccatissimo per modi e tempi, Ogni Tuo Respiro racconta la storia di Robin Cavendish (un Andrew Garfield particolarmente ispirato), giovane inglese che negli anni ’50 entra nel commercio del tè in Africa. Dopo essersi trasferito in Kenya insieme alla moglie Diana (Claire Foy) in dolce attesa, Cavendish si ammala di poliomielite. In breve tempo è costretto a letto col respiratore, completamente paralizzato. Il suo primo istinto, di fronte a quella “non-vita” è di chiedere di staccare i macchinari che lo separano dalla morte.
In brevi passaggi, Serkis passa dalla bellezza idilliaca dei paesaggi africani all’orrore del letto d’ospedale. La parte più oscura del film è proprio questa, in cui si calca la mano sulla perdita di ogni volontà di sopravvivenza del protagonista.
Ben presto il tono del film cambia radicalmente introducendo un meccanismo molto funzionale e che non cala d’effetto nelle varie fasi del racconto. La struttura drammatica rimane, ma tutto viene affrontato con un tono da commedia, a volte con siparietti comici che rispecchiano la personalità di Cavendish.
Il protagonista impara infatti a fare buon viso a cattivo gioco e, grazie a una personalità solare e all’amore incondizionato dimostrato dalla moglie, affronta la malattia con tutta l’energia che ha, sconfiggendo i pronostici di una vita breve. Soprattutto facendo dell’autoironia, con cui prende in giro sé stesso e gli altri malati che incontra, un’arma vincente.
L’assenza della paura di morire gli permette d affrontare le sfide più disparate. Dalla fuga in sordina dall’ospedale con l’aiuto di un dottore particolarmente sensibile per andare a casa a morire, ai lunghi viaggi in compagnia della moglie, del figlio e di qualche amico per vedere il mondo, il protagonista non manca mai di meravigliarsi e sorridere nonostante quella condizione che inizialmente lo aveva distrutto nell’animo.
Il suo gruppo di amici particolarmente ingegnosi lo aiuterà continuamente non solo a tirare avanti, ma a sviluppare strumenti e tecnologie per rendere la vita di un malato di poliomielite più semplice e confortevole.
Che cosa vedete?