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Notti magiche (2018) di Paolo Virzì
Paolo Virzì è da sempre uno dei registi italiani più proiettati al rinnovamento degli stili produttivi e di messa in scena del panorama cinematografico nostrano. Il suo stile guarda oltre il cinema europeo proiettandosi verso l’intrattenimento statunitense per quanto riguarda la struttura delle scene. I dialoghi sono ad effetto, ogni momento contiene in sé un elemento di interesse, la commedia non si perde nel frivolo ma, pur conservando una buona dose di leggerezza, affronta temi attuali. Si ricordano in questo senso film come Tutta la vita davanti, perfetto esempio di grottesco in funzione di una lettura satirica e corrosiva della realtà, o Il capitale umano, fino ad ora uno dei suoi migliori.
Per questo motivo ogni nuovo film di Paolo Virzì viene accolto con grande interesse da parte di pubblico e critica, perché si attende una lezione di equilibrio tra l’esigenza autoriale e uno sguardo verso il pubblico. Con l’arrivo in sala di Notti Magiche, il suo film più recente che segue l’esperienza estera di Ella & John, qualcosa sembra però essersi rotto.
Il film non può essere definito “sbagliato” nel significato usuale della parola: ovvero quando il risultato finale si discosta dalle intenzioni iniziali del regista. Tutt’altro, Notti Magiche sembra essere uscito esattamente come Virzì voleva presentarlo al pubblico. È proprio per questo motivo che, guardandolo sembra che l’ingranaggio non funzioni, che il film non riesca mai a trovare il giusto ritmo e la sua ragion d’essere e a comunicare le emozioni che intendeva trasmettere. Proviamo a capire perché.
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Notti magiche (2018) di Paolo Virzì

1) Notti Magiche è un film sul cinema che non ascolta se stesso.

Un produttore cinematografico viene trovato morto la notte dell’eliminazione dell’Italia ai mondiali di calcio del 1990. Tre ragazzi, aspiranti sceneggiatori, vengono indagati come possibili colpevoli dell’omicidio. Questo spunto permette un viaggio in flashback nei giorni antecedenti il delitto: seguiamo i giovani nel loro ingresso nel mondo del cinema, guardando attraverso i loro occhi le dinamiche tra attori, registi e produttori di un cinema italiano che (forse) non c’è più.
Come è giusto che sia, i dialoghi rispecchiano il ragionamento autoriale di coloro che hanno lavorato al film. Non si può negare che Notti Magiche sia un lavoro estremamente personale, da questo punto di vista. 
Lo scontro tra il cinema d’autore, attento alla classe operaia (rappresentato dalla figura del regista Fosco) e quello popolare della commedia sexy nella figura di Leandro Saponaro non graffia. Virzì cita, omaggia i cinefili con continue allusioni, che spesso spezzano il ritmo, ma non prende posizione. È come se accusando tutti non si accusasse veramente nessuno. Vediamo una carrellata di personaggi riprovevoli, vinti, falliti nelle loro aspirazioni, ma la regia non empatizza con nessuno e, allo stesso modo, non guarda con occhio severo. Insomma, non sappiamo che cosa ne pensano gli sceneggiatori della storia che hanno raccontato. Un’oggettività che male si addice al tono da commedia che, per sua natura, presuppone una presa di posizione. 
Notti Magiche non ascolta se stesso perché, nonostante i continui inviti a non scendere a compromessi, a “guardare fuori dalla finestra” fatti dai personaggi, il film si rifugia in sé e non sceglie da che parte stare, non accusa mai veramente nessuno, non provoca mai lo spettatore. 

2) I personaggi di Notti Magiche non cambiano. 

Che Virzì voglia impostare tutta la narrazione sull’allegoria del cinema nuovo, vecchio, futuro e sulla ricerca delle cause per cui il cinema italiano versa nella precarietà in cui lo vediamo oggi è chiaro. Quello che delude è però l’arco narrativo dei protagonisti. Fateci caso: dall’inizio del flashback alla fine del film nulla cambia. Tutti gli avvenimenti riportano, negli ultimi minuti, allo status quo iniziale. Il gruppo si separa, ognuno ritorna alla vita che aveva in precedenza. Che cosa hanno ottenuto i personaggi da questa vicenda? Fisicamente nulla, e dal punto di vista psicologico qualcosa… che non viene però mostrato. Antonino osserva i suoi miti e le sue aspirazioni venire distrutte in un mare di disillusione, ma non vediamo come questo impatti sulla sua vita. Luciano letteralmente sembra non curarsi di tutto quello che ha passato. Guarda gli eventi con superiorità, come se fosse uno spettatore (cosa di cui viene accusato di non essere), e ritorna alla routine di un tempo. Eugenia, che subisce i traumi maggiori, li vive con una superficialità sconcertante, come se fossero parte di una sottotrama poco rilevante per gli sceneggiatori. Come mai, alla rivelazione di essere incinta, fatta durante il racconto alla polizia, non ci vengono mostrate le reazioni dei suoi amici? Che senso ha avuto impostare la narrazione su un flashback se questa tecnica viene richiamata solo in apertura e in chiusura? I tre ragazzi, a fine film, ragionano come ragionavano all’inizio.
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Notti magiche (2018) di Paolo Virzì

3) Il tono del film fa sembrare il dramma commedia e la commedia dramma.

Notti magiche fallisce a livello emotivo. È chiaro che l’attenzione è rivolta ad altro: alla rappresentazione storica del periodo, questa sì precisissima, all’omaggio cinematografico, alla riflessione metaforica. Ma, per la prima volta, Virzì sembra avere perso di vista lo spettatore. Le emozioni non seguono un progredire di gusti affini ma vengono proposte senza un vero e proprio equilibrio. Faccio qualche esempio. C’è una scena di stupro girata come una commedia, in cui siamo portati a non comprendere la reazione innaturale della vittima (fa i complimenti al violentatore!?) e quasi a simpatizzare con l’aggressore. Questa scelta non sarebbe un problema se il seguito non venisse impostato nel senso opposto, ovvero come un dramma di grande impatto per la storia. Al contrario, i momenti di commedia come la rappresentazione del “cinema operaio” sono talmente carichi di strati di significato da appesantirsi e perdere la componente di leggera satira. 

4) Purtroppo non è perfetto tecnicamente, e questo non lo aiuta. 

In tutto questo il film non è certo aiutato da un sonoro a tratti incomprensibile. Come spesso accade nel cinema italiano i dialoghi vengono “mangiati”, sommersi dai rumori di fondo. La fotografia poi, virata sul marrone, prende in prestito l’estetica dei filtri di instagram per rendere l’idea di antico. Nelle scene in notturna poi, la scarsa illuminazione e la conseguente lunga esposizione creano un’aura di patinato alle immagini. Tutto questo restituisce un effetto veramente televisivo, nel peggior senso della parola. È un peccato perché tutto si può dire del cinema di Virzì ma non che, nei suoi lavori precedenti, la messa in scena non fosse eccellente. Eppure in Notti Magiche il montaggio sceglie il ritmo sacrificando il giusto alternarsi tra emozioni. Le scene spesso finiscono troppo presto, senza il giusto respiro, buttando lo spettatore nella seguente con un registro completamente opposto in un groviglio di sentimenti contrastanti. Non si riesce ad empatizzare con i personaggi perché viene dato troppo spazio a quello che dicono e che fanno, ma meno ai piccoli momenti sinceri, agli sguardi, ai gesti che nel cinema sono essenziali per definire un carattere.
Notti Magiche è, in conclusione, un passo falso nella carriera di Virzì, che non inficerà sicuramente la futura produzione, ma che poteva essere veramente qualcosa di più. Da amanti del cinema non ci resta però che tifare con affetto e stima verso Paolo Virzì, un autore che, pur nelle cadute, ha ancora molto da dire e da dare nel cinema italiano e che speriamo possa ritrovare l’ispirazione e la gioia di fare cinema che da sempre trasmette.