
Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali poteva segnare il ritorno alla atmosfere sognanti del cinema di Tim Burton e ai temi che hanno caratterizzato la sua filmografia. Il lungometraggio, tratto dal romanzo di Ransom Riggs, racconta di una scuola, sospesa nelle epoche attraverso loop temporali, in cui sono ammessi solamente bambini dalle abilità…peculiari. Quando forze oscure minacceranno il ripetersi dei giorni e la vita dei suoi abitanti, Jacob, un ragazzo apparentemente normale, dovrà imparare a conoscere questo straordinario mondo in cui è capitato e organizzare la resistenza contro un essere maligno sempre più incombente.
La pellicola ha a disposizione come punto di partenza un materiale letterario estremamente interessante e questo gli permette di funzionare al meglio nella costruzione del cosmo fantastico. Quello che è da sempre la cifra stilistica del Tim Burton più classico, ovvero la capacità di raccontare l’oscurità del mondo sublimandola attraverso l’elemento gotico di fiabe dallo svolgimento solare, viene accolta al meglio dalla penna di Riggs. Lo sguardo del regista conserva il sapore tipico del cinema anni ’90, quello precedente all’arrivo dei supereroi, in cui le stranezze vengono indagate con curiosità intellettuale e poco per il loro contenuto spettacolare.
I bambini di Miss Peregrine, interpretata da una magnetica Eva Green, sono di gran lunga l’elemento di maggiore interesse del film. Quando infatti le vicende si dipanano, soprattutto nel terzo atto, il meccanismo narrativo si inceppa e inesorabilmente crolla in una confusione logica e in una debolezza di messa in scena sconcertanti. Se escludiamo però gli ultimi trenta minuti, caotici e irrecuperabili, La casa dei ragazzi speciali riesce a salvarsi come un blockbuster dalle enormi potenzialità espresse solo per una parte del suo svolgimento.
