Che Roland Emmerich non sia avvezzo a fare le cose con moderazione lo si era capito già da Independence Day.
Il quintessenziale blockbuster fracassone uscito 23 anni fa era ben più di una dichiarazione d’intenti da parte del regista: ne era lo statuto.
Sin da Stargate la sua mano pesante ha causato molteplici gioie sul grande schermo. 2012, forse il film catastrofico definitivo – almeno quanto a scala degli eventi – ha inevitabilmente segnato un punto di non ritorno: dopotutto, dopo aver letteralmente raso al suolo il pianeta come si può far di meglio?
Con questo Midway, cronistoria molto didascalica di una delle battaglie chiave della Seconda Guerra Mondiale, ci troviamo così davanti a un vero e proprio “Emmerich minore”.
DALLA STORIA…
Dopo l’attacco del 7 dicembre 1941 a Pearl Harbor, che sancì l’entrata in guerra degli USA, questi risposero all’offensiva giapponese iniziando a riconquistare il dominio del Pacifico.
Quando l’intelligence statunitense scoprì che le forze nemiche intendevano impossessarsi dell’atollo di Midway, roccaforte americana nel cuore dell’Oceano, fu preparata una trappola per sgominare l’attacco del giugno ’42.
L’esito dello scontro, con perdite devastanti per la Marina giapponese, fu il primo degli eventi che modificarono il corso della guerra.
Nel raccontare l’impresa disperata (per i tempi brevissimi e i mezzi limitati dopo la distruzione della flotta a Pearl Harbor) del “gigante dormiente” americano, Emmerich parte dal ruolo dei “piccoli”, mettendo al centro i piloti di aerei e i marinai.
Bisogna ammettere che le parti dedicate ai combattimenti aerei e navali sono un autentico spettacolo. Anche se si può discutere del realismo degli effetti speciali, si deve convenire sul fatto che sono utilizzati al meglio della spettacolarità.
Il problema, casomai, è nelle parti fra un bombardamento e l’altro.
…ALLE STORIE