Far East Film Festival 20: LITTLE FOREST di Soon-rye Yim

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Little Forest
Little Forest (2018) di Soon-rye Yim
Little Forest
Little Forest (2018) di Soon-rye Yim

La recensione del nuovo film di Soon-rye Yim
presentato al Far East Film Festival 20

Una ragazza torna nella propria casa di campagna. Ritrova vecchi amici e inizia a coltivare, nel proprio orto, piante e frutti in modo tale da potere vivere in maniera autosufficiente. C’è poco altro, a livello di sviluppo narrativo, in Little Forest. Eppure, il film di Soon-rye Yim trasuda una voglia di raccontare e amare i propri protagonisti davvero travolgente. Cinema e cucina non rappresentano il più semplice dei connubi. Il gusto è un’esperienza personale, che difficilmente può essere resa visivamente. In Little Forest troviamo una grande cura nella descrizione per immagini del cibo. La consistenza degli ingredienti, ripresi in dettaglio, e la fisicità delle mani che li impastano, permettono all’opera di parlare a tutti i sensi dello spettatore.
Little Forest
Little Forest (2018) di Soon-rye Yim
Bisogna abbandonarsi ai fotogrammi per intraprendere questo viaggio umano, in cui il cibo diventa co-protagonista. Se la trama è ridotta all’osso, lo stesso non si può dire della profondità filosofica, pienamente cinematografica, del lungometraggio. I caratteri dei personaggi sono approfonditi mostrando ciò che mangiano e la loro cura nel comunicare. Soon-rye Yim osserva l’unione degli ingredienti come metafora dei cicli della vita. Il profumo, come nella madeleine di Proust, indica la via per la ricerca delle proprie radici. Il ricordo della madre assente è per la protagonista lo stimolo a ricercarla attraverso i gusti della sua infanzia. Un dolce può regalare un momento di consolazione alle anime afflitte e, per questo, prepararlo per una persona cara, significa, nella poetica del film, offrire la “Joie de vivre” al sapore di Crème brûlée.
Little Forest
Little Forest (2018) di Soon-rye Yim
Abbellito da una fotografia perfetta, Little Forest è un piccolo trionfo di misura e stile. La sua forza ottimista, la voglia di ricercare il buono anche nell’inverno dell’esistenza, avvicinano il film a quella dimensione eterea che, ultimamente, solo l’animazione riesce a raccontare. Se ci si abbandona ai fotogrammi, si può respirare la vitalità sensoriale di Miyazaki o la sensibilità per la crescita, tipica della Pixar. Tutto parla ai personaggi, tutto, per loro, è vita. Ed è grazie alla scelta di appoggiarsi totalmente alle immagini, con equilibrate composizioni, che Little Forest riesce a essere molto di più di ciò che è sulla carta e, come fa il grande cinema, a muovere, in chi guarda, il ricordo di momenti dell’esistenza ormai distanti.