LA BATTAGLIA DEI SESSI: un doppio misto inaspettato – Recensione

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La Battaglia dei Sessi recensione
Emma Stone e Steve Carell ne La Battaglia dei Sessi
La Battaglia dei Sessi recensione
Emma Stone e Steve Carell ne La Battaglia dei Sessi
Nei primi anni ’70 la questione della parità dei sessi raggiunse il tennis.
Billie Jean King (Emma Stone), una delle tenniste più forti di quegli anni, capeggiò un movimento per pareggiare il trattamento (e i premi) dei sessi nello sport. Si scontrò con un ambiente forte di un maschilismo latente che trovò in Bobby Riggs (Steve Carell), ex campione degli anni ’40, un suo istrione naturale.
Il resto è storia, “La battaglia dei sessi”, uno dei match più importanti e seguiti della storia del tennis, la cui risonanza non fu solo sportiva, ma di rilevanza sociale.
la battaglia dei sessi
Emma Stone e Steve Carell nel film La Battaglia dei Sessi

Game

Partiamo da un punto fermo: si può essere o meno d’accordo con la forse eccessiva pioggia di premi raccolti da Emma Stone con La La Land, viste altre performance dell’anno scorso più sentite e probabilmente superiori (come quelle di Natalie Portman in Jackie o Amy Adams in Arrival), ma qui ancora una volta dimostra di essere un’attrice compiuta e in grado di sostenere egregiamente ruoli diversissimi.
La sua Billie Jean King è il centro focale del film e viene messa in mostra sotto ogni umano aspetto possibile. Fragile, testarda, caparbia, instancabile, determinata, confusa. Man mano che il personaggio attraversa le sue varie fasi, l’attrice lo guida in un percorso di crescita senza mai uscire dalle righe, scomparendo nel ruolo.
Da par suo, Steve Carell le tiene testa per quello che può, ma al suo Bobby Riggs viene giustamente dato un ruolo più convenzionale.
Carell fa bene quello che sa fare e si diverte nei panni di un mattacchione che non può vivere senza scommettere (o fare il buffone davanti alle telecamere) e che si presta a icona maschilista più per gioco che per convinzione.
Lo scontro a distanza tra i due è il pretesto narrativo del film, ma più avanza la storia, più i punti di forza pendono verso altri elementi.
In questo sono complici delle scelte – anche di montaggio – che allungano troppo i tempi e disperdono il senso quasi epico che la pellicola sembra cercare (ma che non le appartiene).
Di pari passo con l’avvicinarsi della “battaglia dei sessi” vediamo lo svolgersi delle dinamiche “politiche” interne all’ambiente sportivo, a volte solo accennate con stile, giustamente, per non interrompere la trama principale.
Ma dove il film davvero brilla è nel “doppio misto” delle vite private dei due protagonisti, lontano dai campi da tennis.
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Emma Stone nel film La Battaglia dei Sessi

Negli spogliatoi

Entrambi i contendenti hanno vite private “non convenzionali”.
Bobby Riggs, scommettitore patologico, vive il dramma di una vita coniugale che opprime lui e la moglie, che lo vorrebbe “disintossicato” da questo suo bisogno. Eterne menzogne su come lui passi le sue serate la fanno da padrone, mentre con gli amici partecipa a sfide a tema tennistico sempre più eccentriche.
Il bisogno di denaro quando la moglie lo caccia di casa all’ennesima bugia scoperta spingerà Bobby a proporre a Billie Jean King la più grande scommessa di tutte.
La King, da parte sua, negli anni in cui intraprende il cammino che la farà diventare icona femminista, inizia a comprendere che il rapporto col marito non è quello che fa per lei.
Ma sono anni in cui l’omosessualità è ancora argomento da non affrontare, anche e soprattutto in famiglia: questo scatenerà in lei una serie di emozioni contrastanti.
Lawrence, il marito, giganteggia in questo frangente, ponendosi al suo fianco (e al fianco di Marilyn Barnett, l’amante di lei) pieno di comprensione, aiutandola a “coprire” il motivo dello scandalo e facendo parte formale di un “terzetto” al solo scopo di assistere al meglio la persona che ama in un momento così complicato.
Il film riesce a descrivere in maniera molto delicata una pura forma d’amore: volere il bene della persona cara, a qualunque costo. Ed è proprio in questo frangente che La Battaglia dei sessi, inaspettatamente, si eleva.
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Emma Stone e Steve Carell nel film La Battaglia dei Sessi

Set decisivo

Ma la partita? La battaglia dei sessi?
Altrettanto inaspettatamente è proprio il momento cruciale, quello verso cui il film costruisce, a deludere maggiormente.
Perdendo il polso della narrazione, i registi Jonathan Dayton e Valerie Faris allungano definitivamente troppo i tempi dissipando tutta la tensione costruita fino all’atto finale.
La decisione di mostrare lunghe porzioni pressoché ininterrotte della partita con inquadrature quasi televisive, fisse e dall’alto, uccide il ritmo del film e rende vana la “catarsi” del match. Aggiungiamo che il tennis non è “cinematograficamente spettacolare”, come possono esserlo invece la boxe o le corse automobilistiche, e l’assenza di inquadrature dinamiche si fa sentire.
Alla fine, ciò che rende memorabile La Battaglia dei Sessi è il contorno di personaggi che determinano e assistono le scelte dei protagonisti, oltre alle performance vincenti dei due attori principali.

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