IL PONTE DELLE SPIE, il grande cinema targato Spielberg: la recensione

4
609
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
Il Ponte delle Spie, il raccordo col passato. Il ritorno in pompa magna di Steven Spielberg sul grande schermo ha la forma e la sostanza di un capolavoro profondamente tecnico e filologico: un lungometraggio che assume le sembianze del thriller spionistico di matrice storica ed esalta fieramente il valore di un uomo devoto alla giustizia, fedele alla costituzione e legato alla sua patria. L’avvocato James B. Donovan è una figura cruciale nel mondo della diplomazia americana e internazionale, un mediatore rigoroso dall’animo sensibile capace di determinare l’esito positivo di trattative politiche complesse e delicate tra due eterne rivali, Usa e Urss, nel periodo di tensione della Guerra Fredda. Una svolta significativa per la distensione dei rapporti tra due superpotenze come Stati Uniti e Russia che per anni si sono scontrate senza esclusione di colpi.
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
Ad affrontare un tema delicato in un momento civile instabile e governato dalla tensione, è il patriottico Donovan interpretato da un magistrale da Tom Hanks, autentico espressionista della recitazione in grado di enfatizzare attraverso gli sguardi e i gesti le situazioni più emblematiche e topiche della narrazione. L’esaltazione del grande cinema americano vive nel carisma e nella maestranza stilistica di Spielberg e con Il Ponte delle Spie trova la massima fioritura dal punto di vista esegetico e realizzato. Il contribuito dei Coen alla sceneggiatura è la chiave di volta che scandisce ritmi, dialoghi e magnetici dibattici, tingendo di sottile humour e lampante ironia una vicenda che, con il passare dei minuti, rimarca il suo carattere solido e strutturale da political drama.
Le atmosfere da spy movie mescolate ad un intreccio granitico ed intenso donano al film una chiara dimensione realistica che esprime la sua concretezza e l’impatto tangibile in una fotografia algida e illune, capace di trattenere fasci di luce che invadono la scena a seconda delle necessità.
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
La vicenda narrata nel kolossal del regista americano è stata tratta da una storia vera riguardante il periodo della guerra fredda nel quale la CIA, durante il  primo maggio del 1960, equipaggiò un aereo spia U-2 con una attrezzatura fotografica d’avanguardia e diede ordine di sorvolare l’Unione Sovietica per trarre informazioni sugli sviluppi degli armamenti dietro la cortina di ferro. Purtroppo però l’aereo fu abbattuto ed il pilota Francis Gary Powers fu catturato e processato dai sovietici. Inizialmente gli Stati Uniti negarono l’esistenza del velivolo, ma con la cattura del pilota furono costretti ad ammettere la situazione imbarazzante. E proprio da questo fatto che Il Ponte delle Spie prende spunto facendo conoscere al mondo, anche se a distanza di anni, l’operato di James B. Donovan che in qualche modo riuscì a minare, non solo a livello metaforico, le basi di quel muro che si iniziava a costruire ma che sarebbe crollato nel giro di una trent’anni. Unico fatto non emerso dal racconto filmico, ma  reso noto dagli incartamenti pubblicati, riguarda l’addestramento del pilota, che venne istruito nell’Area 51. Spielberg ha la capacità di fare immergere completamente lo spettatore nella storia ricostruendo in modo particolareggiato e maniacale un mondo che non esiste più ma che fa parte della nostra vita e in fin dei conti sono passati solo pochi anni per poterlo dimenticare. Non  si prendano per immagini retoriche, come in tanti hanno sottolineato, quelle inerenti all’uccisione delle persone mentre tentano di scappare scavalcando le barriere di filo spinato.
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
Sono le fonti storiche che ci raccontano le vicissitudini e le violenze perpetrate da un popolo e il regista americano ha impresso su pellicola quelli che erano i ricordi di un’epoca che ha segnato in modo ineluttabile il futuro dell’intera umanità. Spielberg è uno dei pochi registi capaci di utilizzare la macchina da presa per oltrepassare la  realtà e filmare il “sogno americano”. Il ragazzo che lancia l’amo alla luna, logo della Amblin, e non diventerà mai adulto rappresenta la magia di universo fantastico che racchiude l’essenza del grande cinema a stelle e strisce.
Andrea Rurali & Cristiano Crippa
Rating_Cineavatar_5
Photo: courtesy of 20th Century Fox Italia
Tom Hanks e Steven Spielberg sul set de Il Ponte delle Spie – photo: courtesy of 20th Century Fox Italia