
In una America post-apocalittica, pregna di degrado e radioattività, esiste un’unica megalopoli in preda al caos e alla criminalità. A “governare” sono i Giudici, poliziotti in motocicletta, super-accessoriati di armi, che eseguono l’arresto, giudicano l’imputato ed emettono la sentenza seduta stante.
Come tutti sanno, ma vale la pena ricordarlo, il personaggio di Dredd proviene dall’omonimo fumetto del 1977, ideato da Carlos Ezquerra e John Wagner. Nel 1995 fu realizzato il primo adattamento cinematografico, dal titolo “Dredd – la legge sono io”, per la regia di Danny Cannon e con protagonisti Sylvester Stallone, Rob Schneider, Diane Lane e Armand Assante. All’epoca il film venne stroncato dai critici, ma piacque molto al pubblico, e riuscì a crearsi una notevole base fandom in tutto il mondo. L’aspettativa per la nuova versione di Pete Travis era, quindi, molto alta. La produzione (Sud Africa + Regno Unito) di questo reboot non ha deluso i fans di Dredd. Anzi, il sottoscritto pensa che il nuovo Dredd (che, a differenza di Stallone, non si toglie mai il casco…) sia molto meglio del suo film predecessore.
Con quel ghigno che mantiene per tutto il tempo dietro il casco, l’audace Karl Urban è un misto di frustrazione, disprezzo e disgusto per tutto ciò che vede intorno a sé, ma anche per ciò che si è ridotto ad essere lui, Dredd stesso.
La pellicola, ambientata in un mondo fantascientifico totalmente immaginario, riesce comunque ad essere in qualche modo realistica, e con i piedi, almeno in parte, ancorati alla realtà delle crude e violente dinamiche legate alla criminalità organizzata.
