
Quando uscì il primo Deadpool, nel 2016, fu una sorta di fulmine a ciel sereno.
I fan avevano aspettato tantissimo per una versione cinematografica che rendesse giustizia a un personaggio così amato e singolare: il film di Tim Miller non tradì le aspettative.
Divertente, irriverente, esagerato, fedele allo stile dei fumetti, con ottime sequenze d’azione e battute a raffica. E, ovviamente, un Ryan Reynolds in formissima a fare da mattatore.
Deadpool 2 aveva un compito difficile e per certi versi ingrato, come tutti i seguiti sui generis: mantenere la bontà e singolarità del predecessore alzando la posta in gioco. Con la sceneggiatura ancora firmata da Rhett Reese e Paul Wernick (stavolta col contributo “ufficiale” dello stesso Reynolds).
DOVE ERAVAMO RIMASTI?
Fin dal prologo e dai titoli di testa si capisce che il tono del cinecomic è quello giusto, ma c’è qualcosa di più. Viene aggiunto qualche elemento che nel primo film non era presente, si fanno scelte coraggiose e Deadpool 2 si arricchisce.
Nella sua esilarante corsa contro i signori del crimine, Wade Wilson scatena conseguenze che cambiano completamente il suo mondo, non solo dal punto di vista comico.
Nel frattempo viene introdotto l’attesissimo Cable (Josh Brolin): un soldato parzialmente bionico arrivato dal futuro e determinato a compiere una sua personalissima missione di vendetta. L’obiettivo? Un ragazzino, ancora innocente, vittima di abusi per i suoi poteri mutanti. Starà al nostro antieroe prenderne le difese e affrontare il nemico. Lo farà formando una squadra di improbabili supereroi che comprendono Domino (Zazie Beetz), il cui potere è quello di essere molto fortunata, e Peter (Rob Delaney), un tizio letteralmente qualunque.
La sostituzione (per “divergenze creative”) del regista Tim Miller con David Leitch (John Wick, Atomica Bionda) si fa sentire e a livello visivo il sequel ne guadagna parecchio: le scene d’azione sono spesso mozzafiato, inventive e ricche di dettagli.
Pur senza essere nulla di rivoluzionario, Deadpool 2 è un ottimo esempio di come si possa costruire su un buon precedente facendo passi avanti in ogni settore. La dinamica interna del supergruppo, con Domino che si permette anche di rubare la scena al protagonista, è esilarante e, nonostante un paio di gag troppo tirate e non necessariamente meritevoli di tanto minutaggio, il film scorre straordinariamente bene.

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