BLACKkKLANSMAN, la recensione del nuovo film di Spike Lee

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BlacKkKlansman
John David Washington e Adam Driver in una scena di Blackkklansman
blackkklansman recensione
Adam Driver e John David Washington in una scena di BlacKkKlansman
BlacKkKlansman. Risulta quasi complicato da pronunciare il titolo del nuovo film di Spike Lee, così come difficile da decifrare la storia che il regista decide di raccontare. Una vicenda concreta, viscerale, complessa ma sopratutto contemporanea.
Tratto dal romanzo autobiografico del protagonista Ron Stallworth, il lungometraggio ruota attorno alla figura dello scrittore dai tempi in cui entrò come primo agente afroamericano nella polizia di Colorado Springs, fino a quando si infiltrò nel 1972 come detective nella divisione Ku Klux Klan della città, arrivando a divenirne il capo locale.
BlacKkKlansman - la recensione
La squadra della polizia infiltrata nel KKK al completo
Spike Lee costruisce una storia che non può non interessarlo in prima persona. Un film che colpisce per i temi che affronta: la rivendicazione della “razza ariana”, la devozione alla religione ebraica, il razzismo, l’orientamento sessuale ecc. Il regista sceglie di tramutare il argomento socio-politico attuale in arte, giocando con maestria su diversi livelli e cambiando il campo da gioco. Nel film permane una denuncia del sistema americano e delle persone fanatiche appartenenti a diversi movimenti “estremisti”, proposti su un piano di intrattenimento puramente goliardico e cinematografico.
La pellicola offre un excursus sulla parabola della questione del razzismo già dalle prime inquadrature, grazie all’apertura su una scena riprodotta e riadattata di Via col Vento, con Rossella in mezzo ai caduti e ai feriti della Guerra di Secessione ad Atlanta, nel sud degli Stati Uniti, e subito dopo con Alec Baldwin e il suo monologo altamente discriminatorio che imita e ironizza Trump. La stessa frase sovrimpressa ancora prima delle immagini prepara lo spettatore a ciò che andrà a vedere: “DIS JOINT IS BASED UPON SOME FO’ REAL, FO’ REAL S—.”. Con il solo incipit Spike Lee è capace di dichiarare tutto lo spirito del film.
Attraverso il mezzo cinematografico, il regista porta a galla tutta la sua rabbia, ma lo fa con grande ironia e consapevolezza. Diversi sono i parallelismi con Trump anche nel corso della storia, mettendo in bocca a David Duke (Topher Grace) parole come “America First”, “True White American”, o alla sua idea di voler arrivare ai vertici del potere politico. Il tutto contrapposto al pensiero del protagonista che, nonostante gli abusi e le offese per il suo colore della pelle, ripete che l’America non è tanto stupida da permettere che questo accada.
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Ron Stallworth e David Duke
BlacKkKnsman tocca quindi diversi registri, intersecando costantemente comicità e dramma senza mai scadere nel tragico o nel semplicistico, ma rimanendo altamente fedele al proprio scopo in modo esilarante e appassionante al punto giusto. Diventa il parallelismo della denuncia del regista che lo fa senza mai esagerare.
A questo concorre soprattutto la bravura dei protagonisti che ricoprono i ruoli in maniera impeccabile. In primis John David Washington (Ron Stallworth) che, con le sue telefonate ai componenti del KKK (in cui si finge bianco), confeziona un’interpretazione dissacrante (basti ricordare le irresistibili conversazioni con Duke). Accanto a lui troviamo Adam Driver (il collega che presta il volto di Flip Zimmerman) che dimostra ancora una volta il suo straordinario talento e l’enorme versatilità.
Inquadratura finale del film che rimanda al genere blaxploitation
Contrapposto all’inizio caustico, il finale che mostra quanto avvenuto a Charlottesville nell’agosto del 2017 e la reazione della presidenza Trump, chiude un cerchio che, in realtà, rimane aperto e fa pensare su chi siamo oggi rispetto al passato. E qui Spike Lee strizza l’occhio, con moderazione, anche al cinema della blaxploitation, attraverso i costumi, le musiche e citazioni varie. Le ultime immagini prima dei fatti di Charlottesville portano a compimento questo omaggio, grazie a Washington Laura Harriet che si calano completamente nella fiction, ribadendo allo spettatore che comunque vada si tratta di un film.
BlacKkKnsman fa riflettere le nuove generazioni attraverso il medium che più di tutti arriva alle persone: il cinema. Spike Lee porta a compimento una pungente black comedy sull’America razzista, un’opera che ricalca il suo essere spontaneo in modo magistrale, senza ostentazione o manierismo. Assolutamente da vedere.