Nikolaj Arcel presenta in Concorso a Venezia 80 il suo period drama Bastarden (The Promise Land), una storia tradizionalmente soave.
La recensione.
Di cosa parla Bastarden?
Nel 1755, il capitano Ludvig Kahlen (Mads Mikkelsen) parte alla conquista delle lande danesi con un obiettivo apparentemente impossibile: costruire una colonia in nome del Re. In cambio, riceverà per sé un titolo reale tanto bramato. Ma l’unico sovrano della zona, lo spietato Frederik de Schinkel (Simon Bennebjerg), ha la presuntuosa certezza che questa terra gli appartenga. Quando De Schinkel viene a sapere che la cameriera Ann Barbara (Amanda Collin) e il marito servitore sono fuggiti per rifugiarsi da Kahlen, il perfido sovrano giura vendetta, facendo tutto ciò che è in suo potere per scoraggiare il capitano. Kahlen non si lascerà intimidire e ingaggerà una battaglia impari, rischiando non solo la sua vita, ma anche quella della famiglia di emarginati che si è venuta a formare intorno a lui.
Terre inospitali
Nikolaj Arcel ritorna nella sua terra natia e ci porta nell’inospitale brughiera dello Jutland danese del XVIII secolo per adattare il romanzo di Ida Jessen, Kaptajnen og Ann Barbara. Bastarden (The Promised Land) è un period drama con strizza l’occhio al western e vede protagonista un gigantesco Mads Mikkelsen.
In Concorso a Venezia 80, il film è a tutti gli effetti un’epopea classica, in ambienti che sottolineano l’ostilità di un territorio fatto di sassi, sabbia, incursioni di briganti e la determinazione di un uomo, il capitano Kahlen.
Una storia (finalmente) tradizionale
La trama è lineare e senza sbavature, sostenuta da una sceneggiatura solida, ben costruita e accattivante. I personaggi sono raccontati con dovizia di particolari e gli interpreti sono estremamente credibili. Si delinea una battaglia impari tra il protagonista e il sadico De Schinkel, che ricrimina il potere su terre che non gli appartengono pur di non sentirsi messo in ridicolo da Kahlen.
Nikolaj Arcel approfondisce il tema della sfida anche, e soprattutto, al confronto drammatico tra Kahlen e la natura. Questo aspetto è, senza dubbio, la parte più affascinante del film; quello che mette in moto la devozione e la caparbietà di un uomo nel raggiungere il suo obiettivo.
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La vita è caos
Arcel si confronta con una storia epica e grandiosa ponendo l’accento sull’ossessione per certe ambizioni che sono destinate a fallire se diventano la sola ragione di vita. Il regista sottolinea in più occasioni che la vita può essere straordinaria, avventurosa, ma anche dolorosa, ingiusta, sgradevole e indomabile.
Ad un certo punto c’è l’illusione che il caos possa essere domato, che i torti subiti possano avere un epilogo giusto, che la terra sia florida se trattata con rispetto, ma il film insegna che quello che accade di inaspettato, positivo o negativo, non lascia indifferenti.
Il solo controllo che possiamo avere è quello sulle nostre scelte e sulla nostra coscienza.