99 HOMES, la recensione

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Andrew Garfield si presenta sul red carpet della 71^ mostra d’arte cinematografica di Venezia sfoggiando un nuovo look: completo elegante e barba folta che nasconde quel viso fresco e pulito che lo ha reso popolare. L’attore britannico nato a Los Angeles, ormai lontano dal debutto sul grande schermo con Leoni per Agnelli (2007) sotto l’egida del grande Robert Redford, cambia stile e registro interpretativo con un ruolo più maturo e diverso da quelli precedenti e questa nuova barba rappresenta il simbolo evidente del suo cambiamento (oltre al fatto che Garfield è impegnato sul set del nuovo film di Scorsere, Silence).
Ramin Bahrani, cineasta statunitense di origini iraniane già conosciuto a Venezia per le sue recenti partecipazioni al Festival con i lungometraggi Goodbye Solo (2007) e At Any Price (2012), torna al Lido, in concorso per Venezia71, con un film sulla crisi del mercato immobiliare che colpì gli Stati Uniti nel 2010 e lo fa attraverso le storie strazianti e commoventi di chi ha perso tutto.
I protagonisti non potrebbero essere più diversi, interpretati e resi vivi da uno statuario Michael Shannon e dal già menzionato Andrew Garfield, che per l’occasione mettono da parte gli indumenti ‘supereroistici’ del Generale Zod (L’uomo d’acciaio) e di Peter Parker (The Amazing Spiderman), etichette annesse, e dimostrano di essere attori in grado di calcare orizzonti differenti oltre a quelli dei comic-movie.
Dennis (Andrew Garfield), padre single e operaio si ritrova a lottare con i debiti che lo porteranno, inevitabilmente, a perdere la casa per mano di un cinico, quanto imperturbabile, agente immobiliare, Rick Carver (Michael Shannon). La vita gioca spesso brutti scherzi e Dennis, per sopravvivere, dovrà diventare come la persona che l’ha privato della dignità di padre e figlio, da vittima a carnefice, provocando in lui un forte stress psicologico.
Una fotografia della crisi economica attuale raccontata tra moralità e giustizia, tra l’emotività di un giovane pronto a compromettere la sua integrità per concedere un futuro al proprio figlio e l’avidità di un uomo freddo, distaccato che si arricchisce con le sventure degli altri.
La scelta degli attori non poteva essere più adeguata: da un lato Shannon che esprime la rigidità di un uomo, dalla morale compromessa, attraverso l’espressione marcata e lo sguardo glaciale, dall’altro Garfield che riesce a far trasparire il dramma personale attraverso l’impulsività e la disperazione dei suoi gesti.
Se il film pecca forse di originalità per il dualismo buono/cattivo, giusto/sbagliato, onesto/corrotto trova nel racconto un punto di forza non solo nei protagonisti, ma anche nei contrasti spaziali; luoghi lussuosi e asettici si contrappongono a umili dimore ricche di ricordi. Una realtà sociale messa a nudo da una pellicola che non vuole omettere gli eventi, ma al contrario li definisce e li tratteggia in modo diretto ed empatico.
Ed è proprio nei momenti in cui le persone perdono la propria dimora che si consuma il dramma del ricordo e della propria storia che viene spezzata, portata via e gettata, letteralmente, in mezzo alla strada.
Un film godibile, tralasciando le poche sequenze dove viene utilizzato un linguaggio a tratti leggero e sbrigativo, che nel complesso porta lo spettatore ad applaudire calorosamente al termine della proiezione.

Andrea Rurali & Michela Vasini

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