Mufasa: Il Re Leone si apre con un canto di speranza, la ricerca del “Milele,” un giardino dell’Eden che conosciamo come le Terre del Branco, dove gli animali vivono in armonia come parte del grande cerchio della vita. Il piccolo Mufasa, inizialmente accanto ai suoi genitori, viene separato da loro a causa di una piena improvvisa, dando inizio al suo viaggio di formazione.
Disney punta così su un racconto di crescita e relazioni familiari per il suo film di Natale, scegliendo uno dei suoi grandi cavalli di battaglia.
Mufasa: il Re Leone, un viaggio di formazione
Perso e solo nella savana, il giovane Mufasa viene salvato da Taka, un cucciolo di leone di stirpe reale. I due, insieme a un gruppo di outsider, intraprendono un viaggio alla ricerca di un futuro, affrontando un branco di leoni emarginati che minaccia di conquistare tutte le terre illuminate dal sole.
Il primo atto si rivela cruciale, gettando le basi per l’evoluzione dei personaggi. Mufasa, cresciuto dalle femmine del branco, impara la compassione e la cooperazione grazie alla madre adottiva Eshe, mentre Taka subisce le pressioni del patriarca, Re Obasi, che lo prepara al potere con metodi autoritari e subdoli. Qui il film esplora il contrasto tra due stili educativi: uno fondato sull’empatia e l’altro sulla rigida aspettativa.
La complessità di Obasi emerge in modo efficace: è un leader disposto a tutto per proteggere la sua linea di sangue, ma le sue azioni spesso sfumano i confini tra giusto e sbagliato.
Quando il branco degli emarginati attacca, Obasi sacrifica se stesso per permettere a Taka e Mufasa di scappare. Il film si trasforma così in un racconto di formazione, dove i protagonisti imparano a conoscersi e a diventare una famiglia, lavorando insieme per raggiungere Milele. Questa crescita culmina in un terzo atto risolutivo, che tuttavia scivola a tratti nella retorica, con un finale che celebra l’unione tra i branchi animali in modo forse troppo veloce e prevedibile.
Le musiche di Mufasa: il Re Leone, il tocco di Lin-Manuel Miranda
Una delle sfide principali di Mufasa: Il Re Leone era confrontarsi con la leggendaria colonna sonora di Hans Zimmer, Tim Rice ed Elton John. Lin-Manuel Miranda, celebre autore di Hamilton e Oceania, reinterpreta le melodie originali, ribaltandone il significato per raccontare la giovinezza dei personaggi. Ad esempio, Taka canta un brano che richiama “Sarò Re,” ma con un approccio più corale, includendo Mufasa.
La colonna sonora riesce a reggere il confronto, con brani che arricchiscono la narrazione senza rinunciare a una propria identità.
Il fotorealismo: una lama a doppio taglio
Il film prosegue sulla strada tracciata dal remake di Jon Favreau, puntando su un fotorealismo impressionante. Sebbene la tecnologia CGI abbia raggiunto vette straordinarie — con dettagli mozzafiato su acqua, neve e agenti atmosferici — questa scelta limita l’espressività emotiva dei personaggi, un elemento che l’animazione tradizionale gestiva con maggiore efficacia. Nonostante ciò, le panoramiche spettacolari e la cura visiva rendono il mondo di Mufasa affascinante e immersivo.
Disney e l’usato sicuro
La scelta di puntare su Mufasa come film natalizio rientra in una strategia consolidata della Disney, che quest’anno ha scommesso su sequel e franchise già rodati, come dimostrano i successi di Inside Out 2 e Oceania 2. Riprendere Il Re Leone, uno dei capisaldi dell’azienda, non era però una missione semplice. Con Barry Jenkins alla regia, il film cerca di bilanciare un racconto per famiglie con una riflessione sulla complessità del mondo contemporaneo, in linea con le direttive del CEO Bob Iger, che punta su storie che facciano intrattenimento prima di tutto e possano secondariamente essere anche inclusive e universali.
Mufasa: Il Re Leone è un film che espande l’universo de Il Re Leone con una storia di crescita e scoperta, capace di riflettere sui ruoli familiari e sull’educazione. Nonostante alcune piccole incoerenze narrative e un finale che indulge nella retorica, riesce a trasmettere il suo messaggio con efficacia.