Dentro la prima mezz’ora di Mufasa: Il Re Leone, cosa aspettarci dal film

Abbiamo visto i primi 30 minuti del film e avuto l’occasione di sentire il regista premio Oscar Barry Jenkins.

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Mufasa in Disney’s MUFASA: THE LION KING. Photo courtesy of Disney. © 2024 Disney Enterprises Inc. All Rights Reserved.

Il Re Leone è un oggetto sacro per casa Disney. Una storia generazionale sempre in grado di catturare adulti e bambini, che ricalca l’Amleto di Shakespeare infondendo quelle tonalità tribali diventate leggendarie dal 1994 grazie alla magna opera di Hans Zimmer. Per questo l’arrivo di un film dedicato al papà per eccellenza, Mufasa: Il Re Leone, può essere tanto una grande opportunità di arricchire questa storia, quanto un rischio di giocare troppo col fuoco. 
Vedendo quindi i primi 30 minuti di film in anteprima c’era quindi molta curiosità per capire come il regista premio Oscar Barry Jenkins abbia lavorato per dare la sua impronta a un universo con già una sua iconicità.

Cosa aspettarci quindi da Mufasa: Il Re Leone? 

Due considerazioni importanti prima di tutto. Il film si costituisce come un prequel, tuttavia Jenkins sembra essere stato abile nel fare anche un sequel richiamandosi al già esistente secondo capitolo animato che introduceva la figlia di Simba Kiara, per giocare così su due linee temporali che si passano la palla tra di loro e provando, forse, a connettere i due giovani protagonisti del film (Kiara e Mufasa per l’appunto). E il film inizia proprio dalla fine del primo capitolo, con la rupe dei Re, Simba e Nala isolata, quasi come se stesse per partorire. Importanti ancora una volta i personaggi di Rafiki, Timon e Pumba che fanno da catalizzatori del racconto e innescano il flashback, portandoci a un altro tempo e alle origini di tutto.

Kiara (voiced by Blue Ivy Carter) in Disney’s live-action MUFASA: THE LION KING. Photo courtesy of Disney. © 2024 Disney Enterprises Inc. All Rights Reserved.

La potenza tecnologica di Mufasa: Il Re Leone

Sentendo parlare Jenkins dopo aver visto il filmato, una delle grandi sfide nella realizzazione del film è stata quella di non farsi sopraffare dalla potenza degli effetti visivi, ma di riuscire a utilizzarli al meglio per creare una storia potente ed efficace. Questi primi minuti in effetti ci danno un assaggio di entrambe le cose. Ci si meraviglia sempre di più nel vedere quanto la CGI sia oggi a livelli impressionanti, al punto da non capire se delle panoramiche dall’alto, seguendo il volo delle aquile, siano delle vere riprese da National Geographic o delle creazioni a computer. In una delle prime scene all’interno del flashback è l’acqua a farla da padrona, con la telecamera al seguito del leoncino protagonista e l’effetto provato vedendola è stato quello di sentirsi travolti dal flusso insieme ai personaggi. Sono passati 40 anni da quando si provavano i primi tentativi di creazione di liquidi a pc con The Abyss di James Cameron, ma la potenza di queste immagini fa sembrare che ne siano passati 200.

E allo stesso modo è sorprendente quanto la potenza di fuoco del mezzo digitale sia arrivato a un punto da poter permettere ogni virtuosismo possibile ai registi. Ancora una volta James Cameron è stato un apripista in questo senso con Avatar: La via dell’acqua e Jenkins in questa mezz’ora spreme al massimo il mezzo. C’è una scena in cui il piccolo Mufasa sott’acqua cerca di riemergere e la telecamera lo riprende dagli abissi per poi risalire. È incredibile l’impressione che si ha dell’obiettivo bagnato che risale insieme al leone e come la stessa ripresa acceleri dal basso verso l’alto, replicando ottimamente il principio di galleggiamento di Archimede, degli oggetti.

Cosa aspettarci dalla storia di Mufasa: Il Re Leone

Jenkins sembra essere stato abile nel voler riprendere la storia di partenza senza cercare particolari stravolgimenti, se non quelli necessari all’approfondimento di personaggi per i quali fosse necessario dire di più, o per i nuovi animali aggiunti per questo prequel. E allo stesso modo ha operato Lin Manuel Miranda, responsabile della colonna sonora e degli adattamenti musicali del film. 

Rivedere i paesaggi della Rupe dei Re, risentire il leitmotiv della colonna sonora di Zimmer provocherà la sensazione certamente voluta dal regista di un ritorno a casa, di un ritorno a una narrazione epica, fatta di personaggi solenni chiamati a momenti di coraggio e monologhi aulici. Mufasa d’altronde, da noi grazie anche allo splendido lavoro di adattamento che a suo tempo fece Vittorio Gassman, è ricordato per i suoi celebri scambi con il piccolo e grande Simba.
E come il Re Leone e l’Amleto giravano tantissimo intorno al rapporto padre-figlio e all’importanza dell’impronta genitoriale nei confronti dei giovani, anche qui grande importanza viene data a queste figure.

Jenkins sembra averlo capito e così vengono chiamati in scena i personaggi dei genitori adottivi di Mufasa e biologici di Taka, futuro Scar. Ed è con loro che sembra costituirsi il nucleo narrativo del film. Laddove vediamo una madre pronta ad accogliere ed educare i propri cuccioli a trovare il proprio posto nel mondo con i propri tempi, la figura del padre Obasi si presenta invece come quella più conservatrice e controversa, molto attaccata a un retaggio che non fa sconti a nessuno, con una mentalità opportunista che non si fa problemi a insegnare al figlio Taka che chi comanda può permettersi il lusso di poltrire e mentire senza sentirsi in colpa pur di conservare quel privilegio; mettendolo così fin da piccolo in una posizione di responsabilità e con la pressione di dover diventare Re a tutti i costi. Insomma, si prova a mantenere l’anima shakespeariana con il difficile compito di dover non solo adattarla al 2024, ma anche di espandere questa narrazione.

Vengono introdotti dei nuovi rivali oltre a quelli già conosciuti dalla storia principale e loro sono la mina vagante, l’elemento imprevedibile che dà una scossa alla storia che impiega questa prima mezz’ora per mettere giù delle solide basi.
Ed è in questa ottica che abbiamo avuto l’opportunità di chiedere direttamente al regista premio Oscar Barry Jenkins come si sia approcciato al racconto e cosa voglia dire raccontare oggi i genitori al cinema. Questa la risposta del regista:

Il mondo è cambiato in questi anni. La comprensione dei bambini della complessità è cambiata. È nostra responsabilità mostrare una illustrazione complessa di noi come genitori e loro come bambini. Dobbiamo prenderci cura di loro altrimenti facciamo un disservizio e non li prepariamo a come sarà il mondo. I nostri figli guarderanno questi prodotti culturali e bisogna dargli qualcosa che possa prepararli al mondo. Obasi dice cose che sono più complesse di quello che un genitore in un film avrebbe detto 30 anni fa. Noi abbiamo questa responsabilità. Nel film abbiamo cambiato i connotati, le caratteristiche che servono per essere leader, per essere Re. Mi è piaciuto raccontare di Mufasa come un figlio adottato e cerca di raggiungere una leadership che gli era preclusa dalla società in cui viveva.

Lin Manuel Miranda come detto segue poi lo stesso canovaccio con il comparto sonoro, richiamandosi al lavoro di Zimmer ma discostandosi dai ritmi tribali dell’opera classica. In ciò che abbiamo sentito in questa prima mezz’ora, la direzione sembra essere decisamente quella del grande musical di Broadway, con la chiara impronta dell’operato di Miranda: un pezzo in particolare che racconta la fratellanza tra Taka e Mufasa ripete più volte il termine “Brotha” come fosse un gospel uscito dall’opera prima del regista In The Heights.

E allo stesso modo Miranda è abile nel ribaltare la situazione. Il famoso “Sarò Re” di Scar ne Il Re Leone, qui è riadattato in una versione più pacifica e ottimista, opera di un cucciolo che spera di “diventar presto un Re”.

E poi c’è Barry Jenkins, chiamato alla sfida di un cinema più Mainstream. Dopo Moonlight che gli valse l’Oscar e Se la strada potesse parlare, con Mufasa: Il Re Leone, secondo il regista si proverà a raccontare la storia di qualcuno che partito da solo, percorrerà una strada che lo porterà a incontrare personaggi che entreranno a far parte della sua famiglia e della sua comunità, fino a diventare sé stesso e accettare le proprie responsabilità nel grande Cerchio della vita.

Al termine di questa prima mezz’ora la prima impressione sarà sicuramente quella di sentirsi catturati da questo nuovo racconto e voler andare avanti per vedere crescere questi personaggi e vederli cambiare fino a diventare ciò che abbiamo conosciuto con il classico Disney del 1994. In attesa di vedere se questo prequel/sequel ci darà una nuova storia iconica quanto quella di origine, non ci resta che attendere speranzosi l’uscita di Mufasa: Il Re Leone, dal 19 dicembre al cinema.