Pablo Larraín presenta in Concorso a Venezia 81 il suo Maria con protagonista Angelina Jolie. Un film sulle fragilità e le ossessioni di una Diva dal cuore umano.

Di cosa parla Maria?

Maria (Angelina Jolie) racconta la tumultuosa e bellissima storia della più grande cantante lirica del mondo, rivisitata e reinterpretata durante i suoi ultimi giorni nella Parigi degli anni Settanta.

Il tocco gentile di Larraín

Pablo Larraín ha trovato nei biopic femminili il suo stato di grazia. Iniziando con Jackie, continuando con Spencer e chiudendo il cerchio con Maria, il regista cileno aggiunge un ulteriore tassello nella sua carriera, preservando una visione intima e un linguaggio universale nel trasporre al cinema le vicende di donne straordinarie.

Larraín, ancora una volta, toglie alle protagoniste il volto pubblico raccontando le loro tragedie e i loro demoni. Maria oscilla tra la paura di non essere più magnifica e la convinzione di essere ancora la Diva capricciosa che fa quello che vuole quando vuole scegliendo quasi, alla fine, il suo stesso destino.

Maria Callas ritrova la propria identità raccontando e raccontandosi come in un’autobiografia mai realizzata, con le sue verità e le sue illusioni. Il film ruota attorno alla sofferenza di una donna che non manifesta mai questo suo dolore interiore, ma che lo evita e lo nasconde per non mostrarsi mai debole o fragile. Larrain è abilissimo a tratteggiate le due anime di una donna che va nei ristoranti per farsi venerare e poi gioca a carte con i suoi domestici in maniera poetica e commovente.

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Maria o La Callas?

Il regista cileno dipinge un ritratto di Maria Callas spogliandola del suo stato di diva, alternando la vita di Maria e quella di Callas, e abbracciando il lato più fragile della ragazza di Atene.

È film sulle ossessioni, Maria. Una fiaba nera che mette a nudo i timori e le ansie di una donna che non riesce ad abbandonare la musica, condannata a rivivere, nella sua mente, le esibizioni che l’hanno resa grandiosa consacrandola all’eternità. Maria è anche un film in cui la protagonista non passa mai allo stato di vittima nonostante la tragicità della sua storia, ma il suo incedere fiero e quel sentimento ambivalente verso la perfezione (da un lato la ricerca mentre dall’altro la rifugge) la rendono estremamente empatica. 

Nei giorni che precedono la morte della Callas, il 16 settembre 1977, Larraín confeziona un film in cui ciò che è reale si fonde e confonde con ciò che è solo immaginato, non solo nella mente della protagonista, ma anche nella messa in scena.

Larraín mette in disparte la carriera della cantante poiché non ha intenzione di fare un docudrama, ma mescolare elementi tangibili e fantastici per narrare la vita di Maria. Una strepitosa Angelina Jolie dà vita a un mondo interiore in bilico tra la fierezza e la fragilità del suo personaggio.

L’opera nell’opera

Nel ripercorrere l’ultima settimana di vita della Divina, Larraín mette in scena dei quadri teatrali, la ricerca della voce de La Callas e passa attraverso i momenti più importanti della sua storia: i palchi che ha calcato. La Tosca, Madama Butterfly, Anna Bolena, tutti i personaggi interpretati dalla Callas raccontano non solo l’opera in sé, ma anche e soprattutto le tragedie personali della cantante lirica.

Passato e presente si sovrappongono nelle battute finali, così strazianti, mentre l’illusione crolla e tutto ciò che rimane è solo Maria.