
Per essere atteso era atteso. Per essere amato è stato amato. Eppure Jackie, di Pablo Larraín, non ha sortito l’effetto sperato. Il film incentrato sulla figura di Jackie Kennedy, moglie di John Fitzgerald, poteva essere decisamente migliore sotto molto aspetti. Larrain è un regista conosciuto per avere un occhio cinico e originale sul passato rivolto al presente. Con il suo precedente lavoro Neruda, presentato al Festival di Cannes 2016, l’autore raccontava la vita del celebre poeta e politico cileno attraverso uno stile poetico che lambiva il confine tra commedia, dramma politico e il grottesco.
L’occhio di Larrain nei confronti della storia ha un taglio acuto e innovativo poiché è in grado di cogliere prospettive inedite, inquadrare svariati punti di vista e mettere in evidenza personaggi meno noti per poi renderli protagonisti delle sue opere. Jackie non è niente di tutto questo: a fronte di una veste formale perfetta, le vicende della famiglia Kennedy alla casa bianca, a ridosso dell’omicidio a Dallas, non riescono mai ad appassionare o a trovare quell’input inedito e audace che, dopo decine di pellicole sul tema, era preteso. Natalie Portman indossa gli abiti della first lady con carisma e eleganza ma l’impressione che comunica è quella di sforzarsi di andare oltre la sfumatura emotiva più ovvia, alla scelta interpretativa più immediata.
