Nicolas Cage si confessa a tutto tondo dalle pagine di Variety

Che Nicolas Cage non sia più un “semplice” attore premio Oscar è chiaro a tutti. Da qualche anno le sue scelte professionali lo hanno portato verso il mito, dal recente Pig all’attesissimo The Unbearable Weight of Massive Talent (L’Insostenibile Peso dell’Enorme Talento), la metamorfosi di un uomo le cui scelte –  discutibili o meno che siano – lo hanno trasceso nell’unico ruolo più difficile che esiste, l’essere sé stessi.

Intervistato da Variety Cage si è aperto, con grande intelligenza e sensibilità, confessando di non amare la definizione di attore, “per me implica sempre: ‘Oh, è un grande attore, e per riflesso è un grande bugiardo […] quindi, con il rischio di sembrare uno stronzo pretenzioso, mi piace la parola ‘thespian’ significa che ti stai addentrando nel tuo animo, nella tua immaginazione, nei tuoi ricordi o nei tuoi sogni. E stai riportando qualcosa da comunicare al pubblico“.

 

Le scelte considerate da molti come sopra le righe, sono state in realtà ponderate e benedette da sua zia Talia Shire (Adrian della saga di Rocky e Connie Corleone ne Il Padrino) . “È stata mia zia Talia a dirmi per prima: ‘Il naturalismo è uno stile'”, e ho sempre mantenuto la credenza della sincronicità delle arti, e che quello che si può fare con una forma d’arte la si può anche attribuendone un altro significato. Sai, nella pittura, per esempio, puoi essere un astratto, o un fotorealista, puoi diventare impressionista, etc… Perché non provare questo con la performance cinematografica?

Nell’intervista Cage ha continuato a dire, “Stanislavski diceva che la cosa peggiore che un attore può fare è imitare. Essendo un po’ ribelle, ho voluto rompere questa regola. Così con Cuore Selvaggio di David Lynch ho cercato un approccio simile a quello di Warhol al personaggio di Sailor Ripley. Nei film, come Prisoners of the Ghost Land o anche ‘Face/Off’ o Stress Da Vampiro, stavo sperimentando quello che mi piacerebbe chiamare il Kabuki occidentale o uno stile più barocco o operistico della performance cinematografica. Liberarsi dal naturalismo, per così dire, ed esprimere un modo più ampio di recitare“.

Dopo grandi film come Peggy Sue si é Sposata, Face Off, Via da Las Vegas e per restare in tema natalizio con il dolcissimo The Family Man, la sua stella si è affievolita fino a un momento in cui Hollywood lo ha messo da parte: dopo un paio di flop, mi sono reso conto di essere stato emarginato dagli Studios e che non mi avrebbero più richiamato. Ho sempre saputo che per me ci voleva un giovane regista che si ricordasse di alcuni dei miei film, mi ritenesse adatto alla sua sceneggiatura e mi riscoprisse. Ecco perché Sarnoski (regista di Pig) non è solamente Michael. Per me è l’Arcangelo Michele. Tutto questo non sarebbe accaduto se lui non avesse avuto la mente aperta e non mi avesse detto: “Vieni con me”.

Ad majora Nicolas.

Fonte: Variety