Abbiamo intervistato il promettente regista Pietro Cinieri, autore del fan movie “The Crow: Shreds of Memories”, e direttore della fotografia dell’attesissimo nuovo film di Steven Renso, “The Carpenter“. Ecco cosa ci ha raccontato.
Buongiorno Pietro. Quali sono i primi film che ti hanno fatto innamorare del cinema?
Il primo in assoluto è “Terminator 2”, l’ho amato alla follia quel film. Poi proseguirei con “Titanic”, “Schindler’s list”, “The shining” e “Il Corvo – The Crow”.
Ti ricordi del primo film visto in una sala cinematografica?
Credo fosse “Il Re Leone”, ero bambino e andai con i miei genitori.
A livello artistico nasci come musicista, come batterista, aprendo i concerti di band di rilievo, come i Marlene Kuntz. Ce ne puoi parlare?
Il mio percorso artistico inizia come musicista con lo studio della batteria. Iniziai la classica “gavetta” suonando con i Ninfea, band alt. Rock/grunge con all’attivo due album, con la quale ho avuto modo di suonare in giro per l’Italia. Mi è sempre piaciuto sperimentare e apprendere nuovi stili, quindi non perdevo tempo a suonare con qualunque band avesse bisogno di un batterista. Diversi anni dopo abbandonai il progetto Ninfea per seguirne uno nuovo con influenze completamente differenti. La band dal nome “Rei Veda” fece subito rumore sul web partendo con un tour che ci portò fino al Mei di Faenza, rumore che si spense subito perché la band si sciolse pochi mesi dopo l’ultima data del tour. Ho avuto modo di aprire importanti concerti a band come Marlene Kuntz, Zen Circus e Boomdabash. Ora purtroppo a malincuore sono fermo da due anni, ma porto sempre con me la musica nel cuore. Chissà magari un giorno ritornerò a suonare su qualche palco.
Nel 2015 giri un mediometraggio, “The Crow: Shreds of Memories”, un fan movie dedicato al personaggio del film di Alex Proyas. A mio parere un progetto sostanzialmente riuscito. Il film ha vinto numerosi premi ed è stato visualizzato da centinaia di migliaia di persone su Youtube.
“The Crow: Shreds of Memories” è il mio primo figlio, un fan movie a zero budget ispirato al fumetto di James O’Barr, conosciuto personalmente a Milano durante la presentazione della nuova edizione di “The crow”. È stato un progetto difficile, dove spesso ho avuto momenti di cedimento ma alla fine l’ho portato a termine. Il film ha fatto il giro di numerosi festival, vincendo diversi premi tra cui MIGLIOR FAN FILM al “Fright Night Film Festival”. In poco tempo raggiunge le 300.000 views, raccogliendo numerosi feedback positivi e recensioni su portali di cinema indie. Ancora oggi non posso dimenticare quanto lavoro c’è stato dietro quel progetto. Se oggi sono ancora qui, è grazie a “The Crow”.
L’anno seguente giri una web serie, molto riuscita, “Metropolitan legends”. Come andò in quell’occasione?
In realtà si tratta di una mini web-series. Sinceramente fu un esperimento e devo dire che non andò male. Venne girata in provincia di Lecce, con la collaborazione di una compagnia teatrale. La serie completa è visibile su YouTube sul canale di “Oniris pictures”.
Sei stato il direttore della fotografia in un cortometraggio, “Un certo Olivier Bécaille”, di Alessandro Masella. Con Masella hai stretto un sodalizio artistico, ed insieme a lui hai girato “The curse of the crying child”. Ci racconti qualcosa di questi due cortometraggi?
Alessandro Masella è un caro amico che ho ritrovato dopo tanti anni, scoprendo che avevamo in comune la stessa passione. Curai la fotografia di questo suo primo lavoro, vincitore di numerosi premi internazionali, che ci portò a calcare il nostro primo red carpet all’HIMPFF a Hollywood, ritirando il premio come MIGLIOR CORTO STRANIERO. Fu un viaggio fantastico, che porterò per sempre nel mio cuore. Chiunque intraprenda questo mestiere deve fare tappa almeno una volta nella sua vita a Hollywood e girarsi tutta la California. Successivamente abbiamo diretto insieme il corto horror “The curse of the crying child e il corto action “Until it burns”. Il primo è visibile sul canale di “Oniris pictures”, mentre il secondo aspetta di sbarcare in rete.
Nel 2017 lavori come operatore video backstage sul set di “Anche senza di te” di Francesco Bonelli, con Nicolas Vaporidis. Come è stato per te lavorare in una produzione così importante?
Lavorare su un set del genere è senza dubbio un esperienza eccitante. Conosci centinaia di persone tra tecnici e attori, avendo modo di poter instaurare nuovi rapporti di collaborazione. Credo sia la scuola migliore lavorare su un set di questo tipo, comprendi le reali dinamiche di un vero set e l’importanza dei vari reparti tecnici. Il film viene realizzato da una squadra di professionisti dove tutti sono fondamentali per la buona riuscita del prodotto. Insomma è come un puzzle, se manca un tassello non puoi completare l’opera. Sicuramente dopo un set del genere, torni a casa con un bagaglio d’esperienza indescrivibile.