Abbiamo intervistato l’attrice friulana Viviana Leoni.
Ecco cosa ci ha raccontato!

Buongiorno Viviana. Come e quando nasce la tua passione per il cinema?

Quello per il cinema è un amore di lunga data e risale ancora alla primissima infanzia. Da bambina mi immedesimavo a tal punto nei personaggi dei miei film preferiti da impararne a memoria tutti i dialoghi. Ricordo che quando uscì il film de “La storia infinita” soffrii moltissimo di non essere stata presa per la parte dell’Infante Imperatrice. Detestai di essere nata in un piccolo paese sconosciuto. Andavo appena all’asilo, ma in cuor mio ero certa che se la produzione avesse saputo della mia esistenza, per quel ruolo avrebbe necessariamente scelto me! Mi fabbricai un “Auryn” casalingo con una spilla e una catenina e mi rinchiusi in soggiorno pomeriggi interi a provare la parte. Pensai che dovevo prepararmi per il giorno in cui avessero fatto il remake del film: a quell’appuntamento dovevo arrivare pronta! E allora non avrebbero avuto dubbi e non avrebbero fatto errori: quel giorno, avrebbero scelto me!

Prima di addentrarci nella tua filmografia mi piacerebbe che ci parlassi della tua esperienza in due campi che non hanno a che fare col cinema, il teatro e le letture sceniche…

A differenza di quella per il cinema, la passione per il teatro è nata molto più tardi: facendolo. Nel mio paese non c’erano teatri e dunque non ebbi alcuna possibilità di conoscere questa realtà fino al giorno in cui me la andai a cercare. Finite le scuole superiori desideravo studiare recitazione, ma all’epoca non c’era internet e queste scuole non si sapeva bene dove fossero. Dovetti quindi aspettare di avere l’età di ventisette anni prima di potermi iscrivere per la prima volta a un corso di teatro. Fu un amore talmente grande che scelsi di lasciare il mondo dell’Università, per seguirlo.
Spendo volentieri una parola anche per quanto riguarda le letture sceniche: io amo infinitamente leggere! Sono cresciuta ascoltando le favole in musicassetta dei “C’era una volta” e de “I racconta storie”, lette all’epoca dai più grandi attori italiani. Questo mi ha trasmesso non solo l’amore per la lettura, ma anche quella per la narrazione e per la parola parlata. Saper restituire questo stesso amore al pubblico che mi ascolta è per me sempre un grandissimo onore.  

Viviana Leoni

Nel corso degli anni hai studiato tantissimo, ed in modo molto serio, come attrice. Quanto sono stati importanti gli studi nella tua formazione artistica e professionale?

Più che importanti sono stati essenziali. Mi hanno dato la possibilità di conoscermi e di arricchirmi in maniera profonda tanto dal punto di vista artistico, quanto da quello umano e mi hanno permesso di diventare concretamente una persona vincente nella vita. Dico poi sempre che il teatro mi ha letteralmente dato e donato un corpo: tutti noi ne abbiamo uno, ma averne una percezione piena e totale è cosa rara. Questa sensazione di unità, di percepire il proprio corpo come un tutto organico che si muove liberamente sulla scena, senza tensione alcuna, ma con la consapevolezza assoluta di ciò che sta facendo in ogni singolo istante ogni sua parte, è in assoluto il dono più grande che gli studi teatrali mi abbiano dato.

Il tuo esordio nel cinema, correggimi se sbaglio, avviene nel 2013 con “Vera pelle” di Andrea Prandstraller, in un ruolo da protagonista. Ce ne puoi parlare?

Il cortometraggio di Andrea è stato un lavoro corale nato al termine di un percorso sotto la guida sua e della meravigliosa Nicoletta Maragno. Noi attori abbiamo curato in prima persona ogni fase della stesura della sceneggiatura: idea, soggetto, trattamento e scaletta. I dialoghi poi sono frutto del nostro stesso lavoro di improvvisazione. Non mi ero mai cimentata prima nella scrittura di una sceneggiatura e devo dire che è stata un’esperienza molto interessante. La scelta del ruolo poi ovviamente non è stata mia, ma sono grata di come sia andata.

L’anno seguente sei nel cast di “Desktop” del grande Michele Pastrello. A mio parere regali al pubblico un’interpretazione sublime.

Ti ringrazio. È stato un lavoro che sicuramente ha avuto un impatto importante nell’anima di molte persone. È strano, ma per quanto l’idea di quel corto esistesse assai prima che io venissi presa per quella parte, in realtà essa mi rispecchia molto e dalle tue parole credo che questo traspaia…

Viviana Leoni

Sei protagonista anche in “Diplopia” di Elena Quarta, nel ruolo di Sara. Il corto, se non sbaglio, è ancora inedito…

Esatto, e speriamo anche di vederlo al più presto! Girare “Diplopia” è stata per tutta la troupe un’esperienza estremamente impegnativa. Al termine delle riprese eravamo sfatti ma felici! Recito la parte di una ragazza ricoverata in una clinica/laboratorio e ho avuto la possibilità di soggiornare da sola direttamente sul set e calarmi così ancor più nella parte. Con Elena poi mi sono trovata benissimo a lavorare, è una persona stupenda e dai moltissimi talenti.

Il 2017 è un anno molto intenso per te. Prima di tutto parliamo di “Berlin Cola”, un riuscitissimo corto di Dennis Dellai ambientato nella Berlino ancora divisa dal muro degli anni 80. Che tipo di esperienza è stata? Siamo molto curiosi.

È stata un’esperienza fantastica. Quello che amo maggiormente del cinema è che al suo interno ciascuno ha il suo ruolo, la sua mansione specifica e ciascuno è altrettanto essenziale. Non esisterebbe alcun film senza la collaborazione di tutti verso quell’unico risultato finale e la squadra di Dennis è la dimostrazione vivente di questo: l’amore e la passione per il cinema che lega tutti i componenti del gruppo, rende lavorare con loro non solo un piacere, ma anche un’immensa fortuna. Sai che se collabori a un loro progetto stai veramente “facendo cinema” e sai che quello che ne uscirà fuori sarà sicuramente un successo.

Non solo, nel 2017 partecipi come figurazione speciale in due grosse produzioni: “Un amore così grande” di Cristian De Mattheis e soprattutto “Ore 15:17- Attacco al treno” di Clint Eastwood.

L’esperienza con Clint Eastwood è stata estremamente significativa nel mio percorso di crescita come attrice e non solo perché ho avuto la fortuna di essere scelta e diretta da lui su una produzione statunitense, ma perché, per quanto piccola è stata in assoluto la più grande sfida artistica della mia carriera. Mi sono ritrovata a dover improvvisare in lingua tedesca con attori che mi rispondevano in americano. Se con il tedesco me la cavavo abbastanza, grazie all’anno di dottorato passato in Germania, con l’americano invece, non sapevo bene a che santo votarmi. Grazie al cielo, ho un’enorme capacità di mantenere la calma anche nelle situazioni più difficili e alla fine per fortuna è andato tutto bene. La considero come una sfida vinta e come un’esperienza davvero importante della mia carriera. 

Il 2018 è invece l’anno del corto “Gratia Plena” di Nicolò Tagliabue. Ci puoi dire qualcosa del tuo ruolo in questo corto, per l’ennesima volta da protagonista?

L’incontro con Nicolò è stato molto fortuito: mi ero recata a Milano a fare un provino per il progetto di un altro regista e al provino, a fianco del regista in questione, c’era anche lui. Dopo alcuni mesi Nicolò mi scrive per chiedermi se voglio collaborare come protagonista per un suo corto e io accetto subito. Non so perché, ma quell’unico incontro al provino mi aveva convinto di trovarmi di fronte a una persona con cui sapevo di voler prima o poi lavorare. Il corto lo abbiamo girato a Folgaria, in Trentino, girando letteralmente giorno e notte. È stato in assoluto il mio primo ruolo da femme fatale – in tutti i sensi, poiché determinerò il fato dell’altro protagonista (il bravissimo Paolo Salvadeo) – e sono felice che mi sia stata data occasione di misurarmi anche con questo tipo di personaggio.

Quali sono i film e i generi cinematografici che ami di più?

Mi vergogno un po’ a rispondere, ma come spettatrice sono una persona estremamente romantica, per cui adoro le commedie e ancor più quelle romantiche. Sapere fin da principio che sto guardando qualcosa che avrà un lieto fine mi garantisce che andrò a dormire serena e questo mi fa stare bene. Amo molto però anche i film drammatici e in generale i film che scavano in profondità nella psicologia dei personaggi. C’è da dire però che non necessariamente i miei gusti personali coincidono con quelli professionali: come attrice mi piacerebbe misurarmi anche con generi che magari come pubblico non sceglierei. Un film tra tutti in cui in assoluto avrei voluto recitare è “La migliore offerta” di Giuseppe Tornatore.

Quali sono le attrici dalle quali trai maggior ispirazione?

Direi che su questo fronte i miei riferimenti sono un po’ cambiati nel corso degli anni e da quando ho iniziato a “fare” l’attrice, ho iniziato anche a guardare tanto gli attori uomini che le attrici donne con lo stesso occhio critico, come a cercare di carpirne sempre qualche spunto o suggerimento su cui poter lavorare per crescere artisticamente e andare più in profondità. Un’attrice con cui, in ogni caso, sento una fortissima affinità è senza dubbio Scarlett Johansson, forse perché, bene o male, mi ritrovo pienamente nei ruoli per cui è stata scelta nei suoi vari film. Quando la vedo recitare ho sempre un po’ la sensazione di veder sullo schermo il mio alter ego. Può sembrare presuntuoso da dire, ma in realtà è una pura e semplice ‘questione d’anima’ che non ha nulla a che fare con l’orgoglio.

Progetti cinematografici futuri in cantiere?

Come la maggior parte dei colleghi, come attrice navigo a vista. Questo significa che tengo gli occhi bene aperti su eventuali possibilità, ma al tempo stesso, non ci credo mai veramente fino a quando non vedo il prodotto finito. In questo periodo diverse cose si stanno muovendo e immagino che potrete rivedermi sulla scena anche molto presto.

Hai voglia di salutare i tuoi fans e i lettori di CineAvatar?

Assolutamente sì! Grazie infinite per il tempo che mi avete dedicato: è molto bello aver potuto condividere qualcosa di me con tutti voi.