Intervista al regista Lorenzo Bianchini

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Abbiamo avuto il piacere di intervistare il regista friulano Lorenzo Bianchini, autore di Radice quadrata di tre e di Across the River – Oltre il guado. Ecco cosa ci ha raccontato!

Buongiorno Lorenzo, a che età nasce la tua grande passione per il cinema, ed in particolare per il cinema horror e di genere?
La necessità di vivere e raccontare storie misteriose nasce da bambino. I film che trasmettevano in tv mi hanno stimolato a pensare che proprio quel tipo di espressione artistica potesse essere lo strumento per soddisfare quella necessità.
La tua prima prova registica, correggimi se sbaglio, è il cortometraggio “Paura dentro”, senza dialoghi, amatoriale, girato con tua cugina. Che tipo di esperienza è stata?
È stata una esperienza fondamentale per mettere alla prova il mio approccio da autodidatta a questo genere di espressione artistica. La voglia di raccontare prevaleva su tutto, l’istintività mi guidava nelle scelte tecniche e artistiche. Il prodotto finale è stato il capolinea di una piccola avventura e l’occasione per vedere se  quelle immagini trasmettessero l’emozione che volevo creare.
Nel 1999 giri un mediometraggio, “I Dincj de Lune”. Di cosa parla?
È una storia  di licantropia ambientata in un isolato paese di montagna. Racconta delle suggestioni, delle angoscie e dei misteri delle leggende popolari e dell’impatto che esse hanno sulle persone. La disperazione di un uomo perseguitato da un’antica maledizione. Una metamorfosi psichica più che fisica di quella che può essere solo una patologia mentale.

Il tuo primo lungometraggio è “Lidris Quadrade di tre”, a mio parere uno dei pochissimi film italiani indie horror post 2000 capace di incutere un po’ di terrore, nonostante sia anche questo un no-budget, o quasi. Come nasce l’idea di questo progetto?
L’idea nasce dal fascino e dalla suggestione che evoca il luogo stesso in cui il film è ambientato: l’istituto A. Malignani di Udine. Praticamente è la scuola dove ho studiato e dove lavoro. L’edificio è immenso, pieno di corridoi, per non parlare dei sotterranei. Durante il giorno è un cocktail di persone, colori, voci e rumori; al calar delle luci si trasforma in un’inquietante deserto di penombre silenziose. Ho sempre ritenuto che fosse la scenografia e il contesto ideale per  immaginare l’avventura di tre ragazzi che decidono di entrare di notte nella scuola per sostituire i loro errati compiti in classe di matematica.
Dopo “Lidris Quadrade di tre” arriva “Custodes Bestiae”, altra conferma, altro piccolo gioiellino indipendente che comincia a farti conoscere nel pubblico di nicchia…
Splendida avventura anche quella di Custodes Bestiae, vissuta con quasi tutti i collaboratori del precedente “radice quadrata di tre”. Il respiro diventa più ampio avendo girato in molti luoghi del Friuli.
“Occhi”, purtroppo rimasto inedito, è il tuo primo lungometraggio con una produzione dietro…
Si, seppur con budget sempre ristrettissimo. C’era qualche maestranza in più ma le difficoltà erano comunque sempre vicine alla dimensione dell’indipendenza.
Uno dei tuoi film più sconosciuti e misteriosi è “Film sporco”, anch’esso, come “Occhi”, rimasto inedito…Ce ne puoi parlare?
Film Sporco è un film realizzato in tempi record sia in fase di scrittura che di riprese. Scherzosamente dicevo che era come un esercizio per tenermi in allenamento. E’ un film volutamente grottesco ed esagerato  nella messinscena. Narra la nefasta avventura notturna di quattro simpatici spacciatori perseguitati da un misterioso serial killer che li conduce tra le strade della provincia in un percorso forzato pieno di tappe mortifere.
Lorenzo Bianchini ritira il Premio alla Carriera al Selva Nera Film Festival 3 – Foto di Gianluca Busatto
Il 2013 è l’anno di “Oltre il guado” (a.k.a. “Across the River”), film che, grazie alla distribuzione in dvd ed attraverso importanti piattaforme streaming, ti ha fatto conoscere e apprezzare da un pubblico molto più vasto. Film che ha avuto il consenso quasi unanime della critica. Ci puoi descrivere la genesi di questo progetto?
Era da tempo che pensavo di scrivere una sceneggiatura che avesse come location il bosco e un paese fantasma. Avendo vissuto parte della mia infanzia in un paese di montagna circondato da boschi, ne ho subito tutte le misteriose suggestioni e la voglia di raccontarle, come già in qualche mio precedente lavoro, era riemersa e successivamente espressa nel film.
Molti giovani registi indie italiani ti considerano un grande punto di riferimento. Sei felice della cosa?
Si, sono molto felice di questo.

Perché hai girato tutti i tuoi film in dialetto friulano?
Non ho girato tutti i miei film in lingua friulana, solo alcuni. Comunque uno dei motivi è perché li rendeva più autentici, più realistici, più calati in un perturbante substrato di cultura popolare locale.
Quanto è importante la tua terra d’origine nelle sceneggiature dei tuoi film?
Attingere alla cultura popolare locale significa attingere all’immaginario collettivo universale. Le grandi paure dell’animo umano sono comuni a tutti noi appartenenti alla razza umana.
Cosa ne pensi del panorama del cinema indie horror italiano attuale?
Purtroppo è da qualche tempo che non ho l’occasione di seguire il cinema indie italiano se non rari casi di film realizzati da qualche amico. Non ho quindi un’idea generale su come sia il panorama attuale.
Quali sono i tuoi horror preferiti? Ed in particolare, quelli italiani?
“L’esorcista”, “Shining”, “Il sesto senso”, “The others”, “La casa dalle finestre che ridono”, “Un tranquillo posto di campagna”, “Session 9”, “Psyco”, “1921 – Il mistero di Rookford”“La notte dei diavoli” (di Ferroni), “Profondo Rosso”,  “The Kingdom” (serie di von Trier), “Il segno del comando” (serie). Me ne sarò sicuramente dimenticati tanti altri altrettanto meritevoli.
Stai lavorando ad un progetto cinematografico in questo periodo?
Stiamo ultimando la post produzione del mio ultimo film “L’angelo dei muri”.