Vermiglio di Maura Delpero arriva in Concorso a Venezia 81 e trasporta il pubblico tra la quiete delle montagne durante la Seconda Guerra Mondiale.
Di cosa parla Vermiglio?
Raccontato in quattro capitoli, ciascuno ambientato in una stagione diversa, Vermiglio porta il pubblico a immergersi in un remoto villaggio di montagna italiano dove vive una famiglia molto numerosa. La Seconda Guerra Mondiale sta per volgere al termine. Il conflitto sembra non aver mai toccato quel luogo: l’arrivo inaspettato di un soldato rifugiato cambierà tutte le cose e per un paradosso del destino, si perderà la pace nel momento stesso in cui il mondo ritrova la propria.

Una saga familiare
C’è tanto da raccontare in Vermiglio e c’è tutto il calore familiare portato in scena dai tanti personaggi che si avvicendano in questa compassionevole narrazione. C’è una famiglia e c’è il tempo che scorre, ci sono bambini che diventano adulti e c’è la morte inevitabile che non è solo lontana, dove si combatte, ma anche in casa tra i più innocenti.
Vermiglio racconta il momento in cui le novità provocano uno sconvolgimento, dell’animo e dei classici equilibri, che, soprattutto nelle comunità più chiuse, è necessario. Come uno sguardo nuovo che proviene da fuori, lo straniero porta lo scompiglio che serve a ribellarsi, a scoprire se stessi con occhi nuovi e a gettare le basi del futuro.
La regista non teme di affrontare tematiche che variano dalla scoperta della sessualità al senso del dovere o dalla responsabilità di studiare alla compassione per gli altri, ma le tocca tutte con delicatezza e un gentile riguardo. Maura Delpero conduce per mano lo spettatore attraverso i magnifici paesaggi montani, attraverso quadri naturali e umani, fatti di tradizioni, segreti e timori.

Nel cuore delle tradizioni
Il film fa emergere le problematiche del tempo come la misoginia e l’intolleranza, mostrando come queste portino inevitabilmente a esiti tragici; esplora la tradizione, i ruoli di genere e analizza come le donne si siano ritrovate a ricoprire ruoli che non hanno scelto soprattutto per colpa di una guerra capace di raggiunge anche i luoghi più isolati.
È una storia ambientata durante la guerra, ma non ci sono bombe o battaglie; un omaggio alla memoria collettiva, un lessico familiare che è una storia comune in un luogo che diventa paesaggio dell’anima. Il microcosmo non è mai micro, la famiglia è una sineddoche e la vita è scandita dalle musiche diegetiche di Chopin, Schubert e Vivaldi.
Com’è il film?
Il film, con la sua economia dello sguardo, è un racconto poetico che dialoga con intimità e immaginazione, in un luogo reale che diventa uno spazio di ribellione, formazione e crescita durante una delle pagine più nere del XX secolo. Trovando la pace tra i monti.
Foto: via La Biennale di Venezia