La vita, le menzogne e l’animo umano sono gli ingredienti di Oh, Canada, il nuovo film di Paul Schrader con Richard Gere
Di cosa parla Oh, Canada?
Richard Gere, che ritrova Paul Schrader dopo American Gigolò del 1980, interpreta Leonard Fife, un rinomato documentarista che sta morendo di cancro. Quando Leonard concede l’ultima intervista ai suoi ex studenti, con la sua attuale moglie Emma (Uma Thurman) in ascolto, le travagliate vicende dei suoi anni giovanili (in cui il Leonard giovane è interpretato da Jacob Elordi) rivelano l’uomo che si celava dietro la leggenda.
La finzione come fulcro narrativo
Paul Schrader, che qui adatta il libro di Russell Banks, sposta la poetica dei film degli ultimi anni, quella legata alla trilogia d’elezione (First Reformed, Il collezionista di carte e Il maetro giardiniere) basata sull’annientamento personale e la redenzione, verso una visione più intima dell’eredità personale.
Oh, Canada, che non raggiunge mai le vette dei suoi precedenti successi, è un guazzabuglio di idee, di verità mal ricordate o inventate, che si avvicinano a una confessione, in bilico tra realtà e finzione, che solo a tratti riesce a scalfire la psiche umana.
Il film è più interessato a raccontare la corruzione personale di un protagonista in guerra con il suo stesso corpo e un passato che, il più delle volte, fallisce nella sua veridicità. Se in parte la frammentazione narrativa diventa destabilizzante e il senso di confusione su quello che viene raccontato è palpabile, l’escamotage visivo di passare dal bianco e nero al colore, lascia aperte le porte all’intepretazione a ogni singolo spettatore.

Possiamo fidarci?
La memoria fallisce così come la verità o come le bugie che spesso raccontiamo su noi stessi. Il film cerca di far luce su questi aspetti.
Oh, Canada ha una narrazione volutamente sconnessa, come se volesse rappresentare i ricordi confusi di un malato terminale. Complice di questa frammentazione è la scelta di raccontare gl iavvenimenti come un flusso di coscienza che confonde i piani temporali in cui il sè giovane e il sè adulto coesistono nello stesso tempo.
Richard Gere offre un ritratto molto accurato una persona in conflitto con un passato controverso e pone l’attenzione su come spesso le persone scelgano di trasmettere una certa idea di sè che non corrisponde, quasi mai, al vero. Una tematica quanto mai attuale in un mondo che vive la dualità della propria esistenza tra la vita reale e quella digitale.

Com’è il film?
Oh, Canada non tocca le vette d’eccellenza a cui ci ha abituato Paul Schrader. Tuttavia, questo dramma su un documentarista imperfetto, porta a galla proprio le imperfezioni stilistiche che non rendono il film indimenticabile. Schrader resta in bilico sulla superficie di una trama potenzialmente ispirante che si adagia sulla frammentazione del romanzo creando, nel complesso, un impatto emotivo molto distaccato.
Oh Canada subisce più lo stile registico che il cuore di una memoria fragile; la componente viscerale viene così smorzata perdendo tutta la spinta drammatica che avrebbe consacrato il film ai posteri.