IL RAGAZZO INVISIBILE, la recensione

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Il cinema italiano ha un nuovo supereroe: è adolescente, invisibile e muove i primi passi sul grande schermo sotto l’egida sicura del Premio Oscar Gabriele Salvatores.
Michele (Ludovico Girardello) è un adolescente e vive a Trieste con la madre Giovanna (Valeria Golino), poliziotta single. A scuola i bulli della classe lo tiranneggiano e la ragazza di cui è innamorato, Stella, non si accorge di lui, ma un giorno Michele scopre di avere un superpotere: quello di diventare invisibile. Se in un primo momento pensa di aver acquisito la magica virtù da un costume comprato per una festa in maschera, presto scoprirà che i suoi poteri derivano dai suoi genitori naturali, entrambi dotati di grandi capacità fuori dalla norma, speciali.
Tralasciando i significati di un potere riccamente metaforico (invisibilità come stato dell’adolescenza e dell’età del cambiamento) Michele si trova a lottare non solo con la normalità della scuola e della famiglia, ma anche con la straordinarietà della sua situazione di “speciale” che lo porterà ad affrontare il passato dei suoi genitori.
Gabriele Salvatores approda alla regia di una pellicola “coraggiosa”, che si inserisce in un panorama italiano distante dal genere commerciale e tipicamente mainstream del cinema americano. La regia è molto curata nei dettagli: le scene scorrono precise e fluide come pagine di un fumetto, sequenza dopo sequenza, e risultano sapientemente costruite.
Il citazionismo, che sia voluto o meno, è molto marcato e i rimandi all’immaginario fumettistico a stelle e strisce e al genere fantascientifico sono molteplici, forse troppi e probabilmente azzardati, poiché finiscono per essere leggermente stereotipati nonostante si riferiscano all’archetipo del supereroe per eccellenza.
Il film ha tutte le carte in regola per essere considerato un prodotto adatto per le famiglie, in quanto riesce ad affrontare, sotto una maschera di freschezza e purezza giovanile, tematiche molto discusse e attuali come l’adozione, l’adolescenza, il bullismo e la ricerca di sé.
La storia è semplice, chiara e lineare e si sviluppa con calma facendo assaporare al pubblico ogni piccola sfaccettatura della vita del protagonista e della società che lo circonda.
Gli effetti speciali, non certo paragonabili per ragioni economiche e di budget alle esuberanti trovate digitali d’oltreoceano, sono basilari, onesti ed essenziali, e nel complesso preservano una certa dignità, qualità che si unisce al merito di Salvatores e degli addetti ai lavori di non voler ambire ai livelli elevati della CGI hollywoodiana ma bensì di trovare una naturale dimensione che rendesse giustizia alle dinamiche del film. Gli interventi grafici ‘italiani’ rendono pienamente l’idea di estetica e fascinazione della sparizione di un corpo che c’è ma non si vede; una prova azzardata, ardua, complicata, ma oggettivamente riuscita.
Che sia l’inizio di un nuovo filone tutto Made in Italy? Ai posteri l’ardua sentenza, per ora ci accontentiamo del nostro supereroe.

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