Difficoltà, segreti e incomunicabilità nel nuovo film “famigliare” di Marco Tullio Giordana, La vita accanto

Di cosa parla La vita accanto?

Anni 80. I Macola – famiglia benestante di Vicenza – vivono in un lussuoso palazzo sul fiume dove conducono una vita privilegiata. Condividono la residenza con Erminia (Sonia Bergamasco), affermata ed eccentrica pianista, “atipica” sorella gemella di Osvaldo (Paolo Pierobon).

Un giorno Maria (Valentina Bellé), la giovane moglie di Osvaldo, torna a casa con una lieta notizia: presto regalerà un erede al marito.
Nove mesi dopo viene alla luce la florida Rebecca, rea del fatto di portare con sé un’esposta macchia sul volto. Un angioma purpureo di aspetto quasi fluorescente che diventerà per Maria uno scudo insormontabile tra lei e la neonata, qualcosa che attrae e respinge al tempo stesso, proprio come l’amore lacerante che la mamma nutre per la piccola.

L’anaffettiva Maria cade così in una profonda depressione post-partum. La figlia cresce con il supporto della zia e delle domestiche che scoprono che la bimba è un prodigio al pianoforte. Rebecca riuscirà solo in segiuto a riappacificarsi con la madre e perdonarle le sue mancanze, anche grazie al ritrovato diario segreto di lei e ai sogni visionari che celano un oscuro segreto.

La vita accanto, la recensione del film di Marco Tullio Giordana
Beatrice Barison e Sonia Bergamasco ne La vita accanto: foto Vanity Fair

Dal libro a film

Basato sul romanzo omonimo di Mariapia Veladiano, la difficoltà, a detta del regista, è stata fin da subito raccontare la “diversità” della protagonista, rendendola credibile sul grande schermo. Ciò significava individuare un “particolare” e scegliere le quattro attrici con la medesima imperfezione, trattandolo nella sua evoluzione e nelle fasi di crescita di Rebecca.

Da qui la decisione di Giordana di rappresentare il problema non come qualcosa di palesemente “mostruoso” e “spaventoso” – alla Elephant Man – ma piuttosto come qualcosa di sottilmente “disturbante” che avesse anche una duplice chiave di lettura, fisica e morale: una macchia nella macchia. Un vistoso angioma che potesse essere facilmente artefatto col trucco sui visi di Rebecca neonata-bambina-adolescente-giovane donna e che l’accompagnerà nelle varie fasi della sua vita attraverso le diverse attrici, non a caso tutte pianiste: Viola Basso, Sara Ciocca e Beatrice Barison (alla sua prima esperienza cinematografica).

Zia e nipote in una scena del film: foto The Walk of Fame Magazine

Vicenza: la città dal “liquido amniotico” che avvolge

Marco Tullio Giordana ci regala un affresco di una delle città più belle d’Italia trasportando La vita accanto nella cornice di Vicenza con le sue architetture palladiane – di per sé un film nel film – che sembra richiamare la bellezza, acqua e sapone, di Rebecca.

Perché La bellezza salverà il mondo recita l’opera e così non a caso Vicenza diventa proprio una protagonista aggiunta che parla per mezzo dei suoi spazi: Piazza dei Signori, il Teatro Olimpico, Villa Valmarana ai Nani, Parco Querini, il Conservatorio e i tre fiumi, tra cui il Bacchiglione, che la attraversano. Una città circondata dall’acqua come fosse liquido amniotico, portatore di un amore materno soffocato e di nuova vita disattesa.

Rebecca ne Lavita accanto: foto The Wom

Perché vedere La vita accanto?

Partiamo dal titolo del film: qual è di fatto la vita accanto?
Allo stesso modo in cui la gente comune percepisce gli agi dei Macola come vita accanto, così anche Rebecca osserva la vita del mondo “fuori”, a lei estraneo e sconosciuto, come un’altra vita accanto. Questa discrepanza indubbiamente è lo spunto di riflessione sul concetto di diversità identitaria, sociale, culturale, di pensiero… che di per sé vale la visione del film.

La molteplice scrittura a più mani con Bellocchio e Gloria Malatesta probabilmente frena però le reali potenzialità del film. Esaurito il narrato infatti, si ha la percezione di un tassello mancante nella messinscena: una vicenda che avrebbe potuto possedere tutto il potenziale di elevarsi e diventare struggente al tempo stesso, lascia invece, a fine visione, disorientati.

Anche la recitazione può apparire rigida, compassata e poco convincente. Ogni elemento va visto però nel giusto contesto: le interpretazioni asciutte – in questo caso specifico – rendono al meglio l’identità di una famiglia mesta e dimessa che fa del suo essere benestante motivo di chiusura e riservatezza. Diverso è il discorso per Lucilla, la giovane amica di Rebecca e di sua mamma (Michela Cescon), che stupiscono invece per la loro spontaneità e genuinità.