Abbiamo intervistato il regista Pierfrancesco Campanella.
Ecco cosa ci ha raccontato!

Buongiorno Pierfrancesco! Partendo dal tuo ultimo progetto, il cortometraggio drammatico “Sacrificio disumano”, come nasce il tutto? Hai deciso di affrontare in quest’opera una tematica molto attuale e scottante…

Sì, quella della sparizione dei minori, un argomento quanto mai sulle prime pagine, vedi gli ultimi sviluppi del caso Denise Pipitone. Sono tanti ogni anno i bambini che scompaiono misteriosamente. Dietro, in genere, ci sono sette sataniche oppure reti di pedofili, oppure ancora organizzazioni dedite al traffico di organi. In ogni caso siamo quasi sempre di fronte a retroscena inquietanti. Con il mio sceneggiatore di fiducia, Lorenzo De Luca, abbiamo pensato di scriverci sopra una storia che potesse essere un pugno nello stomaco. Credo, senza falsa modestia, che ci siamo riusciti.

Hai coinvolto, come protagonista di “Sacrificio disumano”, una star internazionale di prima grandezza: Maria Grazia Cucinotta!

Serviva una figura di attrice molto credibile per il ruolo di una madre disperata che combatte con tutte le sue forze per arrivare alla verità sul rapimento del proprio figlioletto. Una sorta di Piera Maggio della situazione. Ma, mentre la madre di Denise, nella realtà ha avuto  il coraggio di sfidare media e opinione pubblica, il personaggio del mio corto si richiude in sé stessa, isolandosi completamente dal mondo esterno, con esiti molto drammatici. Cucinotta si è calata nella situazione con professionalità e bravura. Tenendo presente che da molti anni è impegnata in molteplici attività umanitarie a difesa delle categorie più deboli.

pierfrancesco campanella

Ritornando invece alle origini del tuo cinema, il tuo esordio dietro la macchina da presa avviene nel 1991 con “Strepitosamente…flop”, una caustica commedia sulla società degli anni ottanta, che personalmente ho apprezzato tantissimo. Ce ne puoi parlare?

Si tratta di una commedia agrodolce che, con garbo e leggerezza, prende di mira tic, mode e manie di quegli anni fatti di edonismo ed esteriorità. Il bello è che, rivista oggi, la pellicola ci fa capire che da allora nulla è cambiato nel malessere sociale, se non in peggio. L’evoluzione e il progresso hanno solo accentuato, sotto forme diverse, quelli che erano i germi di un tessuto sociale malato. Di questo film ho un meraviglioso ricordo di Dalila Di Lazzaro, attrice bellissima e sensibile, assente dal set per sua scelta da molti anni.

Due anni dopo giri “Bugie rosse”, un thriller che ti dà molta notorietà tra gli amanti del genere.

Ed anche tante critiche. In particolare fui attaccato dalle associazioni gay per il modo, ritenuto troppo violento, con cui avevo descritto il mondo omosessuale nelle aree metropolitane. Sono stato evidentemente frainteso, ma questo è bastato per essere preso di mira da una certa stampa prevenuta. Ricordo in particolare una recensione che recitava così: “Bugie rosse, ovvero un film contro il pubblico gay, contro il pubblico etero, ma soprattutto un film contro il pubblico”. Oggi ci rido sopra, ma all’epoca ci rimasi male e non uscii di casa per un mese per il grande imbarazzo. “Bugie rosse” è legato al ricordo della grande Alida Valli nella sua ultima apparizione sul grande schermo. Un onore per me aver lavorato con lei, mito assoluto del cinema internazionale.

Dopo 10 anni giri “Cattive inclinazioni”, thriller/horror che gode attualmente dello status di piccolo cult. Come andò in quell’occasione?

Un copione che avevo scritto molti anni prima col titolo “Donne crude”, un attacco ai programmi televisivi che, per bieche ragioni di share, enfatizzano certi casi di cronaca nera, rendendoli spettacolo puro, divulgando morbosità e desiderio di emulazione. Il fenomeno negli ultimi tempi è degenerato ulteriormente, in questo senso sono stato premonitore. Il film era stato scritto con una cifra stilistica tra il grottesco e il surreale, ma strada facendo, per logiche di distribuzione, è stato “normalizzato” e così alla fine è venuto fuori un prodotto un po’ ibrido. Anche in questa occasione ho avuto al fianco, nell’ambito di un cast  molto ricco, un’attrice prestigiosissima come Florinda Bolkan, con la quale ho lavorato benissimo.

pierfrancesco campanella

“I Love…Marco Ferreri”, un documentario sul grande maestro del cinema italiano. Da dove nasce l’idea di questo progetto?

Mi è stata proposta da una casa di produzione la quale era a conoscenza del mio amore sviscerato per il grande maestro de “La grande abbuffata”. Ho cercato di fare un’opera che non fosse il solito documentario, ma una sorta di storia nella storia, un contenitore di emozioni e spunti che potessero far riflettere. Devo dire che “I love… Marco Ferreri” mi ha dato molte soddisfazioni, sia tra gli addetti ai lavori che presso il pubblico che lo ha potuto apprezzare sulla piattaforma Amazon Prime Video.

Nella tua carriera hai girato molti cortometraggi. Ce ne è uno al quale sei particolarmente legato rispetto agli altri?

Sì, il primo. Si intitola “Taglia corto!” ed è ispirato a una storia vera, quella di un maniaco che nei primi anni ottanta seminava il panico tra i passanti del centro di Roma, sfregiandoli in volto con una lametta. Non è mai stato identificato ma per fortuna da un giorno all’altro ha smesso di agire.

Nel 1987 sei stato il protagonista nel cast di “La trasgressione” di Fabrizio Rampelli. Che tipo di esperienza è stata per te?

Molto faticosa, ma divertente. Era un film molto coraggioso, tratto da un mio soggetto scritto all’età di quindici anni, ispirato a un cult movie americano molto tosto, che pochi ricordano, “I killer della luna di miele”.

Cosa ne pensi dell’attuale situazione del cinema thriller e horror in Italia?

I film di genere in Italia non si fanno quasi più. In giro si vedono solo commedie, che quasi sempre non fanno neppure ridere, oppure film d’autore dai contenuti spesso velleitari, che non vede nessuno. Un peccato perché, negli anni d’oro del nostro cinema, quei film, pur avendo spesso budget modesti, incassavano molto al botteghino e costituivano l’ossatura portante del mercato.

CineAvatar è un sito molto letto dai fan del cinema horror. Quali sono i tuoi horror preferiti? In particolare, gli horror italiani che ami di più?

Il mio horror preferito di tutti i tempi è un film, credo di produzione Usa, dal titolo “L’ossessione del mostro”. Lo vidi da adolescente e mi colpì talmente tanto che mi fece venire la voglia di diventare regista per poter dirigere qualcosa di simile. Ancora non ci sono riuscito, ma la vita è ancora lunga! Per quanto riguarda gli italiani, sono ovviamente un fan dei vari Bava, Fulci, Lenzi e, soprattutto, di Dario Argento,  capostipite assoluto di un filone che ha molto dato al cinema italiano, esportato oltretutto in ogni parte del mondo.

Al di là di “Sacrificio disumano”, ci sono altri progetti cinematografici in cantiere?

Molti. Intanto un film a episodi dal titolo provvisorio “Brividi d’autore” del quale non posso dire ancora granché, ma le cui riprese sono appena terminate. Per l’autunno mi è stato commissionato, tanto per rimanere in tema, un thriller/horror destinato ai mercati esteri, da girare in presa diretta in inglese. Con Lorenzo De Luca e i miei produttori in questi giorni siamo alle prese con la scelta del soggetto giusto. Incrocio le dita!