SONO TORNATO, Mussolini è meglio di Hitler – Recensione

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Massimo Popolizio e Frank Matano in una foto di Sono Tornato – Foto: Marco Triolo (Nexta)
Lui È Tornato, commedia tedesca del 2015, raccontava l’improbabile storia di Adolf Hitler che si risveglia nella Germania odierna e, grazie a un giornalista in bancarotta assetato di scoop, attraversa il Paese cercando di scoprire come tornare al potere intervistando il popolo. Non un film particolarmente memorabile che, partendo da una buona idea, soffriva di una realizzazione e una messa in scena di livello troppo basso.
Inevitabilmente, visto il soggetto, ci troviamo davanti al remake italiano con protagonista Benito Mussolini. Dalla terza persona passiamo alla prima ed ecco Sono Tornato.
Le possibilità di fare qualcosa di meglio rispetto al predecessore tedesco erano tutte presenti. Quella commedia soffriva di eccessiva serietà nella resa di un personaggio puramente malvagio, il Führer. Nella versione tricolore c’è la volontà, chiara ed evidente, di “giocare” con una figura come quella del Duce più portata alla caricatura.
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Massimo Popolizio è Benito Mussolini in Sono tornato

RIDERE… E RIDEREMO

È inevitabile come, nonostante sia un rifacimento quasi inquadratura per inquadratura del precedente tedesco, Sono Tornato offra una qualità nettamente superiore. Chiariamo subito: non è un film fondamentale o epocale, ma un progetto costruito con una cognizione narrativa che mancava totalmente alla controparte germanica. Pur essendo girato con lo stesso stile documentaristico, mette in mostra una forma cinematografica a differenza dell’altro, più modesto prodotto.
Ma può campare di vita propria a prescindere dagli inevitabili confronti con l’altra pellicola? Ecco la vera sorpresa: sì.
Riesce perché offre alcuni elementi peculiari che spiccano e nascono da una sensibilità tutta italiana. Una sensibilità tipica del nostro cinema classico che – seppure bistrattata – a volte emerge ancora. Elementi che includono un’ironia di fondo che sa strappare una risata amara di fronte alla cruda realtà e che consente cambi di “rotta emotiva” improvvisi.
Ed è allora che il Duce non manca di creare un collegamento umano col pubblico nei momenti in cui ripensa alla sua Claretta per poi diventare un mostro d’insensibilità di fronte alla nonnina smemorata che di tutta la sua vita ricorda un unico momento: l’orrore dei rastrellamenti nel ghetto. Giocando così con il personaggio, senza cadere nel facile tranello di renderlo simpatico o giustificarlo, Sono Tornato si eleva e mantiene il tono da commedia.
L’ironia e la satira sono piuttosto marcate (ma meno sfacciate rispetto al precedente, eliminando gran parte dei fastidiosi e inutili monologhi interiori del protagonista). Il viaggio in un’Italia multietnica e confusa mette alla berlina molti dei luoghi comuni più populisti e popolari: integrazione, lavoro, economia e, ovviamente, sfiducia nella classe politica.
E’ genuinamente agghiacciante a volte trovarsi a ridere per battute che sentiamo e leggiamo in realtà di continuo in tv o su internet.
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Massimo Popolizio è Benito Mussolini in Sono tornato

CONFRONTI

Massimo Popolizio fa un certo lavoro nel caratterizzare il Mussolini di Sono Tornato, ma resta l’impressione che il personaggio non sia stato sfruttato appieno. La tipica cadenza vocale del Duce è riprodotta solo in parte e l’esagerazione caricaturale tipica del personaggio tende a non emergere mai del tutto.
Frank Matano, star di Youtube, è senza infamia e senza lode in un ruolo (il giornalista che segue Mussolini) che poteva essere davvero di chiunque. Preso più dalla bella e svampita collega Francesca (Eleonora Belcamino) che dall’allarmante popolarità del suo compagno di viaggio, resta un po’ troppo in ombra nonostante il minutaggio a sua disposizione.
Stefania Rocca e Gioele Dix, sacrificati come dirigenti televisivi che cavalcano la notorietà del presunto comico Benito Mussolini, non riescono a dare un apporto sostanziale alla storia.
Quello che davvero rimane impresso alla fine del film è un insieme di elementi ben riusciti in una cornice che poteva essere molto, molto più efficace. Lode comunque a un finale decisamente non consolatorio e molto più graffiante di quello della commedia tedesca, che scadeva nel generico.
Di sicuro, da ricordare è il confronto tra il Duce e la nonna di Francesca (Ariella Reggio): un’intensa, lunga scena che non si fa alcuno scrupolo a colpire sotto la cintura dei sentimenti senza facilonerie. Rischiando di tirarla troppo per le lunghe, il regista Luca Miniero vince la sfida senza forzature esaltando una sentita e rabbiosa performance dell’attrice.
Se tutto il film avesse avuto il coraggio di quella sequenza ci troveremmo davanti a qualcosa di davvero memorabile. Per la maggior parte del tempo sembra invece di trovarsi davanti al compitino obbligato, sentendo che manca qualcosa.