tokyo love hotel
Tokyo Love Hotel – Photo: courtesy of Tucker Film
Tokyo Love Hotel è una commedia erotica ad intrecci. Cinque storie e cinque coppie si scontrano, si incontrano, in un hotel a luci rosse di Tokyo. Hiroki Ryuichi dirige questa pellicola dai toni rilassati, ironica e autoironica, ma allo stesso tempo capace di raccontare drammi e sofferenze.
Siamo a Kabukicho, un quartiere a luci rosse, in particolare nell’hotel Atlas, diretto dal giovane Toru. Attorno alla figura del ragazzo ruotano, nell’arco di una giornata, diversi ritratti di un’umanità confusa: ragazze fuggite di casa, fidanzate infedeli, donne delle pulizie con terribili segreti alle spalle. Le avventure di queste persone si attorcigliano in un affresco non sempre efficace, soprattutto sul finale, ma sicuramente affascinante.
Tokyo Love Hotel paga, infatti, il prezzo delle numerose linee narrative aperte lungo la prima parte del film. L’eccesso di vicende costringe il regista a dilatare all’inverosimile il terzo atto, se così si può chiamare, il segmento conclusivo. In alcuni frangenti, il lungometraggio appare stanco e procede a rilento nell’ultima ora.
Nel complesso, però, Tokyo Love Hotel è anche un progetto atipico, interessante proprio perché distante dalle tipiche commedie occidentali, e decisamente ben recitato. La prova attoriale è il punto di forza dell’opera, che si regge sulle straordinarie performance degli interpreti il cui nome dovrebbe essere sulla bocca di tutti ma che, probabilmente per motivi geografici e distributivi, passerà nell’anonimato. Sometani Shota veste i panni di uno spaesato Toru, con tutte le sue fragilità e indecisioni, dando complessità ai suoi silenzi e donando ironia le sue azioni. Maeda Atsuko è Saya, un’aspirante cantante in continua lotta con sé stessa; l’attrice, membro degli AKB48, una band famosa in Giappone, costruisce una parabola di distruzione del personaggio davvero coerente e sentito. In Tokyo Love Hotel sono presenti inoltre due tra le migliori scene di pianto viste quest’anno e alcuni momenti sinceri, intimi, di assoluto valore.
tokyo love hotel
Photo: courtesy of Tucker Film
Hiroki Ryuichi cerca di sperimentare con la cinepresa, creando lunghi piani sequenza ambientati in una vasca da bagno o, nelle scene montate in modo più tradizionale, usando la macchina a mano con un’energia fresca e dinamica. Egli confeziona così un prodotto interessante, a tratti anche commovente (ma non troppo, sia chiaro) che punta il focus sulle idiosincrasie delle differenti classi sociali che popolano Tokyo. Forse, ci si aspettava un approccio più graffiante in determinate circostanze, mentre il tono leggero, che ridicolizza le pulsioni dei protagonisti, non riesce mai appieno a farsi universale.
Tokyo Love Hotel è una pellicola piacevole ma forse non per tutti, non tanto per il contenuto erotico (mai scabroso o eccessivo, forse a volte un po’sopra le righe e bambinesco, ma nulla di disturbante) ma per la distanza rispetto al modo in cui siamo abituati a concepire il genere.
Una nota di merito va fatta alla Tucker Film per il coraggio che ha avuto nel portare in Italia un film sicuramente di difficile impatto commerciale. È bello vedere una distribuzione che cerca di proporre prodotti originali credendoci tanto e trovando, anche se in una certa nicchia, un proprio spazio personale.
Consigliato a: chi vuole provare un gusto particolare, che non dimentica la brillantezza delle commedie occidentali ma mantiene intatta l’essenza orientale.
Gabriele Lingiardi

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