Jacques Audiard scrive e dirige il suo primo film in lingua inglese e fa centro. Il regista francese confeziona con maestria un western crepuscolare e suggestivo, presentato in concorso alla 75. Mostra del Cinema di Venezia.
Tratto dal romanzo Arrivano i Sister di Patrick deWitt, The Sisters Brothers è un’opera complessa, strutturata su più livelli narrativi e dissimile dai canonici plot del genere. Il riferimento, come ammesso dallo stesso Audiard, è al tardo western di metà anni ’70, e in particolare a The Missouri Breaks di Arthur Penn. Ma nonostante l’ammissione del regista, il film risulta più fedele, per tematiche e visioni, ai classici dell’epoca, in virtù di un epilogo consolatorio che riporta alla mente il tocco romantico di John Ford in Sentieri Selvaggi.
Oregon, 1951. Charlie (Joaquin Phoenix)ed Eli (John C. Reilly) Sisters sono due fratelli cowboy al soldo del Commodoro del Paese. Per lui si sporcano le mani con omicidi, torture, arresti. L’ultima “vittima” è il giovane chimico Hermann Kermit Warm (Riz Ahmed), che come altri prima di lui, insegue il sogno di conquistare l’oro. Per trovarlo Warm utilizza una formula da lui inventata, capace di far “brillare” le pepite in mezzo alle altre semplici rocce. Ai due fratelli, nell’inseguimento, si contrappone il detective John Morris (Jake Gyllenhaal) che si allea e diventa amico di Warm, perché entrambi condividono il sogno di far parte di una civiltà meno sanguinaria, ma più colta e diplomatica.
The Sisters Brothers prende il via da quella che potrebbe essere una normale storia ambientata nel West, con inseguimenti, sparatorie e uccisioni nella cornice di paesaggi selvaggi e desolati. In realtà, a partire dai titoli di testa, il lungometraggio presenta una costruzione al contrario con una struttura circolare che mette sulla stessa linea inizio e fine. È un western itinerante, un viaggio di andata e ritorno che durante l’arco narrativo si trasforma in un romanzo di formazione sincero e profondo. L’opera di Audiard attraversa i generi passando dalla commedia raffinata al dramma intimo e rendendo il film una parabola sulla fratellanza e i legami di sangue. Il regista francese ha il pregio di saper narrare – soprattutto – una storia che parla di persone e di vita, scegliendo semplicemente un contesto diverso. I personaggi infatti sono complessi, veri, dotati di una forte fragilità umana. Non sono stereotipati o banali. I due fratelli lottano con la crisi d’identità per ritrovare se stessi e programmare un futuro all’insegna della pace e della tranquillità. Lo fanno attraversando territori di confine, in un periodo di forte espansione e sviluppo, e in un momento di crescita che rispecchia il loro cambiamento interiore. Joaquin Phoenix e John C. Reilly sono magnifici, donano spessore ai due fratelli rendendoli persone in cui ci si può immedesimare. Sono pistoleri dal cuore fragile che si nascondo dietro la corazza di uomini duri: litigano, si insultano, minacciano di dividersi, ma si amano e restano sempre fianco a fianco, pronti a difendersi dalle avversità e dai nemici. Dal lato opposto Jake Gyllenhaal e Riz Ahmed rappresentano proprio la gentilezza e la bontà d’animo. Le due coppie creano insieme un quartetto comico ben assortito, tra diversità di pensiero e stili di vita agli antipodi.
The Sisters Brothersè un film sulla metamorfosi interiore, un western introspettivo che giunge a compimento con il ritorno del figliol prodigo (i due fratelli) a casa, nel calore accogliente del nido materno che riscalda e accudisce. Inaspettato.