
Nella società del tempo fugit, delle corse per il lavoro, lo studio, il tempo che non è mai abbastanza, tornare a casa, lanciare borse e vestiti dove capitano, accendere il televisore e buttarsi sul divano, diventa un rituale dal sapore catartico. E, a ben pensarci, c’è qualcosa di davvero unico nell’oggetto “divano”. Pezzo di arredamento (im)mobile e costante in una vita che di immobile e costante ha ben poco, il divano diviene custode di segreti, confessioni, pianti, telefoni lanciati e abbracci rubati. Ci sediamo su di lui e ci facciamo avvolgere affidando al suo spesso rivestimento sogni, fatiche, e sfoghi improvvisi. Sempre uguali, eppure sempre diversi, su di lui ci sdraiamo, ci sediamo, come proprietari, o come ospiti.
Il divano, quell’arredamento così futile per quella sua presenza data per scontata nelle nostre vite, è il leitmotiv visivo del cambiamento interiore e personale di Guido, protagonista de L’Ospite, il nuovo film del regista fiorentino Duccio Chiarini.
La commedia segue la relazione di Guido e Chiara, messa in crisi dalla possibilità di una gravidanza. Mentre lui si sente pronto per la paternità, lei ci vuole pensare. Nell’attesa Guido, sperando di farle cambiare idea, se ne va di casa ottenendo ospitalità dai genitori e dagli amici, diventando testimone di storie che non conosceva fino in fondo.
