L’orto americano di Pupi Avati chiude l’81° edizione della Mostra del cinema di Venezia. Un gotico suggestivo che racconta il secondo dopoguerra.

Di cosa parla L’orto americano?

L’orto americano narra la storia di un ragazzo problematico con aspirazioni letterarie (Filippo Scotti) che si innamora di una giovane infermiera dell’esercito americano.
Siamo a Bologna a ridosso della liberazione e al giovane è sufficiente l’incontro di sguardi con la bellissima soldatessa per far sì che lui la consideri la donna della sua vita. Casualmente, un anno dopo, nel Midwest americano andrà ad abitare in una casa contigua (in realtà separata da un nefasto orto) alla casa della sua bella. In questa casa vive l’anziana madre, disperata per la scomparsa della figlia che dalla conclusione del conflitto non ha più dato notizie di sé. Inizia così da parte del ragazzo una tesissima ricerca che gli farà vivere una situazione di altissima drammaticità, fino a una conclusione, in Italia, del tutto inattesa.

l'orto americano recensione

Romanzo gotico

Pupi Avati porta sul grande schermo il suo romanzo gotico, una storia inquietante che sconfina nel soprannaturale quando gli inganni della mente rendono impossibile capire cosa sia reale e cosa non lo sia. Il regista racconta un periodo storico senza dimenticare gli orrori della guerra appena passata e lo fa fondendo il possibile e l’impossibile, il mistero e la realtà in un film che criptico e disturbante.

L’orto americano è la storia di uno scrittore allucinato, che perde la testa per una ragazza, e la vicenda di un serial killer che trascende i confini italiani fino all’America. Tutto molto complicato.
Avati usa un linguaggio molto ricercato per mettere in scena i pensieri di un protagonista che, senza ombra di dubbio, non avrebbe avuto gli strumenti per poter parlare in quel modo così forbito. Un continuo senso di straniamento accompagna il susseguirsi di personaggi poco centrati e spesso fuori fuoco.

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Com’è il film?

Il film è pretenzioso nella sua estetica, dimenticando di raccontare qualcosa di concreto. Il ritmo lento e letargico non aiuta, e l’indagine giudiziaria, quasi improvvisata, è poco appassionante.

Resta sicuramente interessante l’idea di fotografare un paese in ginocchio che ha bisogno di trovare un colpevole piuttosto che ricercare la verità, ma la realizzazione appiattisce un giallo che non è avvincente e dall’esito scontato.

L’Orto Americano è un gran esercizio di stile, allucinatorio come il suo protagonista, che vaga errante alla ricerca di una narrazione idealizzata, ma che si scontra, inevitabilmente, con la poca credibilità che costruisce scena dopo scena.

Foto: via La Biennale di Venezia