François Ozon porta a Venezia 82 la sua ultima opera,L’Étranger, un adattamento fedele e distaccato del classico di Albert Camus.

Di cosa parla?
Algeri, 1938. Meursault (Benjamin Voisin), un tranquillo e modesto impiegato sulla trentina, partecipa al funerale della madre senza versare una lacrima. Il giorno dopo inizia una relazione occasionale con Marie (Rebecca Marder), una collega, e torna rapidamente alla solita routine.

Ben presto, però, la sua vita quotidiana è sconvolta dal vicino, Raymond Sintès, che lo trascina nei suoi loschi affari, finché su una spiaggia, in una giornata torrida, si abbatte la tragedia.

Un adattamento rischioso e rigoroso

François Ozon affronta Lo straniero di Albert Camus con un approccio che privilegia la fedeltà e la sobrietà rispetto alla reinterpretazione radicale. Il regista francese sceglie il bianco e nero che impone una distanza formale e che sottolinea la dimensione filosofica del testo, ma a tratti raffredda l’impatto emotivo.

Le inquadrature statiche e la fotografia essenziale costruiscono un universo immobile, che restituisce bene il senso di alienazione del romanzo, ma rischia anche di irrigidire compessivamente il ritmo narrativo.

Credits: Carole Bethuel Foz-Gaumont-France2 Cinema

Lo stesso Benjamin Voisin offre un Meursault trattenuto, quasi impenetrabile. La sua recitazione minimalista, più vicina a una presenza che a un’interpretazione tradizionale, rimane però coerente con la natura del personaggio camusiano.

Un universo nichilista

Rispetto a precedenti adattamenti, quello di Ozon appare più letterale nella rappresentazione nichilista del protagonista. Questa scelte garantisce una maggiore vicinanza al romanzo, ma comporta anche il rischio di non offrire spunti particolarmente innovativi sul piano narrativo o interpretativo.

La regia sembra preferire la sobrietà e il rigore alla sperimentazione, mantenendo un tono uniforme che, pur coerente, raramente sorprende.

Ozon mette in campo vari temi che ricorrono spesso nella sua filmografia, il lutto, la memoria e l’ambiguità emotiva, ma lo fa in maniera molto più disciplinata. Se nelle altre opere traspariva il melodramma ne L’Étranger la cifra stilistica è quella della sottrazione. Un approccio che può apparire elegante, ma severo anche per un universo nichilista come quello messo in scena.

Credits: Carole Bethuel Foz-Gaumont-France2 Cinema

Com’è il film?

L’Étranger è un film che non cerca di sedurre, ma che si propone come un adattamento rigoroso, fedele e visivamente curato, restituendo con coerenza l’alienazione del protagonista e l’assurdità della sua condizione. La scelta di non modernizzare il testo né di stravolgerne i significati lo rende un’operazione onesta e rispettosa, anche se forse meno incisiva sul piano emotivo e meno audace rispetto ad altri lavori di Ozon.