IL TRADITORE TIPO, al cinema un nuovo romanzo di John Le Carrè

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il traditore tipo Photo: courtesy of Videa
Photo: courtesy of Videa

il traditore tipo

Nel cinema adattare un romanzo e portarlo sullo schermo è quanto mai difficile, anche se, data la quantità di trasposizioni -anche ottimamente confezionate-, non sembra. L’impresa è ancora più ostica se a venire adattato è un libro di John le Carré. Prima di tutto perché, passare da un libro, con i suoi tempi di lettura, la possibilità di entrare nella psiche dei personaggi e capire le loro motivazioni, ad una tecnica sintetica, quale è il cinema, richiede una grande abilità. In secondo luogo perché i racconti di spie dell’autore britannico sono ormai un vero e proprio genere a parte, caratterizzato da stilemi propri e a forte rischio di monotonia. Il Traditore Tipo deve infatti confrontarsi con questa pesante eredità, quella di un’idea produttiva (tanto per usare un paradosso) di sicuro successo ma ad alto rischio.
La trama de Il Traditore Tipo è intrigante: una coppia in crisi viene avvicinata, durante una vacanza in Marocco, da un uomo d’affari di nome Dima (Stellan Skarsgård). I tre diventano amici in poco tempo ma, poco prima di salutarsi, l’uomo chiede un terribile favore. I due lo devono infatti aiutare a fornire delle informazioni confidenziali ai servizi segreti inglesi. Egli è infatti un boss della mafia russa disposto a trattare con l’MI6 per potere salvare la propria famiglia. I due sposi, interpretati da Ewan McGregor e Naomie Harris, si trovano incredibilmente coinvolti in una vicenda più grande di loro.
La forza del film poteva essere la scelta di raccontare una storia di spie utilizzando il punto di vista della persona comune, per lo più ignara dei giochi di potere che avvengono a alti livelli e delle modalità con cui vengono condotte le azioni di spionaggio. Invece la regista Susanna White, alla sua seconda esperienza dietro la macchina da presa dopo Tata Matilda e il grande Botto, si è trovata a dovere gestire una sceneggiatura macchiata da momenti d’ingenuità che prendono solamente di striscio ciò che di buono poteva offrire la pellicola. La struttura narrativa si concentra più sull’intreccio che sulla prospettiva inusuale e alla coerenza lineare viene sacrificata ogni logicità emotiva. I personaggi con cui lo spettatore si dovrebbe immedesimare sono infatti troppo perfetti quando decidono di agire e troppo alienati quando compiono errori. È inevitabile che la distanza, che si viene a creare tra chi guarda e chi agisce sullo schermo, privi l’opera di ogni empatia e, quindi, di ogni emozione.
Il Traditore Tipo - Photo: courtesy of Videa
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La serpentina storica ordita da le Carré, epurata dalla ricchezza introspettiva della parola scritta, diviene l’esposizione di un insieme di volontà che collimano e si influenzano senza avere mai un senso. Sarebbe bastato spiegare perché Perry (McGregor) non si ribella mai dall’essere usato come tramite di transazioni fuori dal suo controllo, per rendere il lungometraggio, se non più credibile, almeno più estroverso.
E invece Il Traditore Tipo risulta una spy story convenzionale (si intuisce ogni colpo di scena 3-4 minuti prima che accada) che pecca e appare apatica nel pretendere di essere di più di quello che è. Il prologo, ad esempio, si apre con immagini di notevole grazia, gesti di danza compiuti da muscolosi ballerini russi al rallentatore, quasi onirici. Eppure queste immagini sono stilisticamente molto distanti dal resto del film. La regia sembra intenzionata a rendere tutto il contesto una poesia o una metafora, con primi piani intensi e dettagli eleganti, ma alleviando così ogni tensione drammatica dal racconto.
Il Traditore Tipo è dunque una pellicola non particolarmente incisiva, che fa intravedere tra i suoi fotogrammi un buon romanzo, e che riesce a regalare soltanto un paio di ore di svago totale. Non è grave ma si poteva fare di più.
Consigliato a: gli amanti del genere che non hanno bisogno di essere convinti del fascino delle spie.
Gabriele Lingiardi
Recensione pubblicata anche su MaSeDomani.com

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