Di cosa parla Il tempo che ci vuole?
Roma, 1969. Luigi Comencini è un padre premuroso e affettuoso che gioca e si diverte con sua figlia Francesca di 8 anni. Tra set cinematografici e mostre fiabesche, il quieto mondo di padre e figlia viene scosso dall’inizio delle tensioni politiche e sociali iniziate con l’attentato di Piazza Fontana.
Roma, 1978. Francesca è un’adolescente inquieta e problematica, affascinata dai moti di rivoluzione studenteschi e dalle brigate rosse, sempre più distante e in contrasto con il vecchio padre rinchiuso nel suo mondo, mentre il rapimento di Aldo Moro sconvolge l’Italia. Dopo la scoperta della tossicodipendenza della ragazza, Luigi decide di trasferirsi con lei a Parigi per cercare di guarirla e restaurare con lei un rapporto ormai perso. La passione comune per il cinema li riavvicinerà.
Prima la vita e poi il cinema
Con Il Tempo Che Ci Vuole Francesca Comencini rende omaggio e ringrazia il padre Luigi.
La regista romana mette in scena un film sul rapporto padre-figlia che si muove all’interno delle pieghe più oscure della storia italiana. Perché gli anni di piombo e l’inizio della strategia del terrore, tra attentati e sequestri, restano sempre sullo sfondo delle vicende narrate. Ci sono i set del celebre Le Avventure di Pinocchio, ricostruiti minuziosamente; c’è il gioco di un padre con la figlia, ci sono persino slanci onirici, ma la vita vera viene sempre prima del cinema. Un ottimo Fabrizio Gifuni nei panni di Luigi Comencini lo ricorda ad un suo collaboratore di set mentre lo rimprovera in una delle scene chiave della miniserie tv, dove il regista quasi sempre pacato e dall’animo fanciullesco, si scompone per la prima volta.
Il cinema come cura dell’anima
La seconda parte del film inizia con la scena, emotivamente potente, di un Comencini padre arrabbiato e sconvolto, oltre che deluso. Parigi diventa lo sfondo di una storia di riconciliazione tra un padre sempre più malato di una figlia che trova la sua strada nel cinema. La settima arte diventa protagonista assoluta grazie a un montaggio che alterna lo scorrere della storia ad immagini di repertorio di film muti salvati dallo stesso Comencini con la sua cineteca italiana. Nel secondo atto entra in scena la vera sorpresa del film, ovvero Romana Maggiora Vergano nell’adolescente Francesca Comencini. La giovane attrice, che già avevamo conosciuto in C’è ancora Domani, trova una prova ancor più efficace e comunicativa: un’intensa recitazione e tanti sguardi, a volte di sfida e rabbia, altre volte d’amore, che riserva a suo padre.
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Com’è Il Tempo Che Ci Vuole?
Un finale onirico, accompagnato dalle musiche della colonna sonora della grande miniserie Pinocchio, si ricollega alla prima parte di un film emozionante, struggente, e sempre sobrio nella sua drammaticità. Un racconto che brilla nel rapporto tra padre e figlia e nell’amore per il cinema (quasi ucronico), in cui tutto, ma proprio tutto, scopare intorno a loro (anche il resto della famiglia Comencini).