Il Signore degli Anelli ha ancora tanto da dire.
Lo dimostrano sia l’attenzione generata dalla serie Gli Anelli del Potere (con un budget record di oltre il miliardo di dollari e oltre un miliardo di minuti visti) sia la ricerca di Warner Bros. di nuove storie ambientate nella Terra di Mezzo. Un mondo narrativo che continua a catturare l’immaginazione collettiva, intrecciando temi universali come il male, la dittatura, la lotta interiore e le difficoltà del vivere quotidiano, ma sempre con uno sguardo di speranza e redenzione. Mai come oggi, in un’epoca di incertezza e divisione, la capacità del mondo di Tolkien di affrontare “i propri demoni” risulta essenziale.

In questo contesto, arriva La Guerra dei Rohirrim, un film d’animazione diretto da Kenji Kamiyama (Ghost in the Shell: Stand Alone Complex), prodotto da New Line Cinema con la supervisione di Philippa Boyens, storica collaboratrice di Jackson. Il film narra le gesta di Helm Mandimartello, leggendario re di Rohan, e approfondisce le origini di luoghi iconici come il Fosso di Helm. Il tutto attraverso il racconto della regina Éowyn, doppiata da Miranda Otto, che torna a prestare la voce al personaggio, e con un cast che vede tra gli altri la partecipazione di Brian Cox (il Logan Roy di Succession) nei panni di Helm e di Gaia Wise come sua figlia Hera.

La Guerra dei Rohirrim, l’animazione mixata

Il film presenta uno stile unico che mescola il realismo delle ambientazioni e dei fondali ispirati ai paesaggi neozelandesi resi celebri da Jackson, con un’estetica animata giapponese. Questo approccio conferisce alle immagini un fascino visivo immerso nella natura che richiama, in alcuni momenti, le opere di Hayao Miyazaki, specialmente nel personaggio di Hera, che sembra una principessa Mononoke calata nelle steppe di Rohan. Il film si apre con una sequenza mozzafiato: Hera cavalca attraverso vaste praterie, seguendo il volo di una delle grandi aquile, un’immagine che rimanda alla connessione profonda tra uomo e natura tanto cara al cinema giapponese.

Tuttavia, questa ambiziosa commistione stilistica non sempre funziona. I movimenti dei personaggi risultano spesso rigidi e posticci, spezzando l’immersione nella storia. Al contrario, alcune panoramiche e scene che sfruttano agenti atmosferici – come tempeste e giochi di luce – riescono a restituire la magia della Terra di Mezzo, aiutati dalla colonna sonora. Howard Shore non compone direttamente le musiche del film, ma il suo celebre tema di Rohan viene riadattato da Stephen Gallagher, contribuendo a creare un ponte emozionale con la trilogia originale.

I problemi nel racconto de La Guerra dei Rohirrim

Il cuore narrativo del film si regge sui tre personaggi principali e sulle loro motivazioni. Helm Mandimartello viene presentato come un leader carismatico e imponente, quasi un dio greco tanto è potente, disposto a tutto per proteggere la figlia e il proprio popolo. Hera, sua figlia, è un’eroina ante litteram: coraggiosa, intelligente e profondamente legata al senso di giustizia e alla sua famiglia, oltre che al reame di Rohan. Infine, Wulf, l’antagonista, cresciuto insieme a Hera ma isolato e spinto dalla voglia di vendetta personale: portatore di un rancore profondo, non solo verso la dinastia regnante, ma anche verso Hera, il suo amore non corrisposto.

Nonostante queste premesse, la narrazione fatica a mantenere una coerenza. La parte centrale del film risulta dispersiva, con una sovrabbondanza di elementi – spettri, leggende e orchi – che sembrano introdotti senza una chiara direzione narrativa. Questo accumulo rallenta il ritmo e riduce l’impatto emotivo degli eventi. Wulf più volte è in vantaggio e può affondare il colpo ma in maniera ridondante viene dominato dalla sua tracotanza e rimanda gli eventi. Solo nel terzo atto la storia si concentra davvero sull’inevitabile confronto tra Helm e Wulf, offrendo alcuni momenti intensi. e ricchi di pathos.

Un bilancio finale

Il Signore degli Anelli – La Guerra dei Rohirrim è un film che rischia di dividere. Da un lato, regala momenti visivamente suggestivi e una trama che, nelle sue linee principali, prova a ritrovare l’epicità della Terra di Mezzo. Dall’altro, manca di coesione, soffre di una struttura narrativa debole nella parte centrale e fatica a bilanciare le aspettative di chi cerca il fantasy ricco di battaglie con chi vorrebbe ritrovare la profondità e la gloria della trilogia cinematografica di Jackson.

Non mancano infine le citazioni nostalgiche, alcune funzionali, altre meno e il risentire la voce di Sir Christopher Lee nei panni di Saruman non può lasciare indifferenti. La potenza di personaggi come Helm ed Hera la aiutano a trovare una propria identità e un proprio posto nelle storie della Terra di Mezzo al cinema, tuttavia l’esperimento non sembra riuscito appieno e mentre le influenze Miyazakiane provano a dare al film un tocco originale, non riescono a sostituire l’epica medievale che ha reso Il Signore degli Anelli un capolavoro immortale.