GIANTS BEING LONELY, la recensione del film di Grear Patterson

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La giovinezza è forse il periodo della vita più vicino alla vita stessa, tra il desiderio di affermarsi come persona, la repressione (degli adulti) contro la ribellione (dei giovani) e il sentimento di libertà.
Giants Being Lonely racconta la storia di alcuni ragazzi di un paesino di provincia americano, seguendone i desideri, il loro sperimentarsi attraverso il rapporto con gli adulti e i loro pari. Ma non è assolutamente un teen movie classico. Riprende certamente alcuni tòpoi, ma per distorcerli e, quasi, capovolgerli.
Un ragazzo, il ragazzo, quasi la rappresentazione mitizzata della giovinezza, cammina in un campo, alza le braccia in controluce nel sole del pomeriggio estivo, si spoglia, cammina sicuro lungo un ponte sospeso sopra un lago, si butta, in un trionfo di ammirazione collettiva. Bobby White.
Tutti in questo film, sono catturati dalla sua presenza, dalla sua energia: la ragazza più carina della scuola, Caroline, i compagni, persino la madre del suo amico Adam, con cui intrattiene una relazione sessuale. Il lato pruriginoso, tipico del teen/college movie si distorce nella rappresentazione più carnale, ma non volgare né tantomeno divertita, del rapporto sessuale, inteso proprio come spirito vitale. La madre di Adam, Mrs. S, immersa in una vita famigliare oppressa a causa del marito violento, sembra nutrirsi dell’energia vitale di Bobby che diventa la sua unica fonte di gioia e di vita. Il coach, controparte negativa, marito di Mrs. S e padre di Adam, invece, è l’incarnazione della repressione adulta, aggressiva e violenta sia verbalmente sia fisicamente, al campo di baseball e nella vita privata.
E se Bobby rappresenta lo slancio vitale positivo e scanzonato, nella più ideale delle eccezioni, suo padre è dipinto come un vecchio stanco che non è in grado neanche di staccarsi dal divano.
La scena del ballo (senior prom), tipica del teen movie, è capovolta in un tripudio di anti-romanticismo e culmina in un finale scandaloso dal punto di vista dell’adulto, ma vitale e direi dionisiaco dal punto di vista del giovane, che concretamente elimina i genitori (l’adulto) oppressivi e inibitori.
Si tratta, in generale, di un film che parla di sensazioni, più irrazionale che regolato.
Le scene tendono a non raccontare narrativamente una storia, piuttosto descrivono impressioni sulla pelle, come di ricordi vissuti, emozioni e percezioni.
Non è quindi un’opera particolarmente riuscita nella forma poco chiara e incerta. Il regista, Grear Patterson è ancora agli esordi e di vede. Eppure Giants Being Lonely è un prodotto interessante, in grado di catturare l’attenzione e affascinare, proprio come il suo protagonista. Presentato nella sezione Orizzonti della 76. Mostra del Cinema di Venezia.
Teresa Paolucci