Campo di battaglia di Gianni Amelio è il primo dei 5 film italiani in Concorso presentato a Venezia 81.
Di cosa parla?
Sul finire della Prima guerra mondiale, due ufficiali medici amici d’infanzia lavorano nello stesso ospedale militare, dove ogni giorno arrivano dal fronte i feriti più gravi. Molti di loro però sono impostori che si sono procurati da soli le ferite e che farebbero di tutto per non tornare a combattere.
Qualcosa di strano accade intanto tra i malati: molti si aggravano misteriosamente. È possibile che qualcuno stia provocando di proposito complicazioni alle loro ferite, perché i soldati vengano mandati a casa, anche storpi, anche mutilati, pur di non farli tornare al campo di battaglia.
Tutto un altro campo di battaglia
Campo di battaglia di Gianni Amelio non ci mostra le trincee e il conflitto. La guerra raccontata nel film è quella all’interno di un ospedale, dove arrivano centinaia di feriti ogni giorno. Qui agiscono i due protagonisti, Stefano (Gabriel Montesi) e Giulio (Alessandro Borghi) che però hanno idee molto diverse su come guarirli: curare le ferite poiché facciano ritorno a casa o per rimandarli al fronte?
La Prima Guerra Mondiale fu una guerra logorante in cui venivano mandati al massacro centinaia di migliaia di innocenti. Il film, qui, tocca dei sentimenti che vanno al di là del tempo. La paura, la morte, l’orrore e l’ingiustizia sono pensieri che trascendono il tempo e arrivano a noi toccandoci in prima persona. Amelio guarda al passato rivolgendo però lo sguardo al futuro.

L’ambiguità della cosa giusta
In Campo di battaglia i personaggi sono estremamente rigorosi e precisi, ma le loro azioni non sono mai come ci aspetta. Lo spettatore viene posto di fronte all’ambiguità della scelta giusta e a schierarsi con l’uno o l’altro pensiero. Quanto ci si può spingere nel recare una sofferenza “salvifica” nei confronti di un altro essere umano? Quanto è giusto menomare una persona poiché questa si salvi?
Il contraddittorio espresso nel film sostiene l’ambiguità che rende interessanti i personaggi e che forse spinge lo spettatore a interrogarsi sulla cosa giusta da fare. I protagonisti diventano esponenti di questo connubio all’interno del conflitto; da un lato l’irreprensibile Stefano legato al dovere dei soldati e dall’altro Giulio, più tollerante e comprensivo nei confronti della paura della morte.
Nella seconda parte il film si concentra su un nuovo nemico che si insinua tra i soldati e i civili: la febbre spagnola. Qui Giulio, che rischia di essere giustiziato come traditore per la sua condotta, viene salvato e sfruttato per fare ricerche sul virus che sta decimando la popolazione italiana.

Com’è il film?
Il regista mette in campo una parabola narrativa che mantiene i toni drammatici con compostezza, senza mai scomporsi o andare fuori dalle righe, ma raccontando tutto con il rigore e la forza che caratterizza il film.
La narrazione si concentra sulle scelte personali, sulla compassione umana e su un punto di vista originale capace di rendere partecipe lo spettatore fornendogli una chiave di lettura più che valida: l’empatia.
Foto: via La Biennale di Venezia