La recensione del film No – I giorni dell’arcobaleno di Pablo Larraín

No más dicdatura, no más Pinochet“: quello che si erge alto nel cielo è il grido di un popolo ferito da 15 anni di regime sanguinario. Ma per arrivare a questa consapevolezza e trovare il coraggio per far sentire la propria voce davanti a un governo militare e totalitario, è stato innanzitutto necessario crederci. Ed è questa la missione di René Saavedra, il pubblicitario che vediamo a capo della campagna del dell’opposizione contro la dittatura di Pinochet, eroe moderno di No – I giorni dell’arcobaleno, film di Pablo Larraín del 2012, tratto dall’ opera teatrale di Antonio Skarmeta Il plebiscito.

No - i giorni dell'arcobalenoAttraverso una regia a bassa risoluzione Larraín ci porta alla fine degli anni 80, all’elettrizzante arrivo del microonde in un Cile pronto a cambiare, ma ancora senza coraggio per farlo. Inaspettatamente sarà allora la tv e con essa la pubblicità a cambiare le carte in tavola in una guerra mediatica tra il Sì e il No, tra solisti incontrastati e pluralità di pensiero, voci ed espressioni, che dividono in due un intero paese. Una dittatura monocromatica, al massimo tinta dai colori della bandiera nazionale e una democrazia pronta a sbocciare in un tripudio di colori, lottano con tutte le armi in loro possesso: gli uni con minacce, superficialità e propaganda, gli altri con umorismo, intelligenza e musica.
Ogni personaggio si schiera allora nella propria squadra e il dualismo tra democrazia e dittatura rifrange sull’obbiettivo della macchina da presa come la luce su un prisma di cristallo, dando vita a una moltitudine di altri dualismi che si stagliano agli occhi dello spettatore: libertà e censura, paura e coraggio, disillusione contro fede e speranza.
Chi si è seduto dalla parte sbagliata della storia si ritroverà solo con sé stesso, incapace di parlare al suo popolo in abiti civili e a nulla serviranno promesse capitaliste o intimidazioni anti- comuniste perché, di fondo, rimane un dolore sordo per tutte le violenze inferte che non possono e non devono essere dimenticate. Dall’altra parte invece si può ridere, cantare, andare sullo skateboard per le strade della città sulle note di Shostacovic, (non a caso compositore russo, dissidente del regime di Stalin), ma soprattutto dare forma tutti insieme a nuove idee che creino consapevolezza e fiducia in un cambiamento possibile.

Siamo negli anni in cui la pubblicità incita i giovani a essere coraggiosi per poter essere liberi e il nuovo contesto sociale è pronto a far germogliare una nuova comunità di persone assetate di vita e libertà. E in questa società anche la donna è parte attiva e trova una nuova collocazione. Coloro che fino a quel momento hanno subito la storia, madri, figlie, mogli, private dei propri figli, padri, mariti, lasciano il passo a ritmo di cueca (ballo tipico cileno) a giovani guerriere che affidano ai padri la cura dei figli per andare a combattere loro stesse in prima linea per ciò in cui credono, sprezzanti del pericolo a cui vanno incontro. “No me gusta no, no lo quiero, no” cantano a Pinochet in uno dei famosi jigle , proprio a lui che è abituato a sentirsi accolto come un re da folle esultanti. Per 27 giorni, ogni 15 minuti di video (il solo tempo a disposizione per l’opposizione in un meccanismo ancora fortemente corrotto) l’allegria e la fiducia si fanno largo e contagiano tutti. Se inizialmente “no más” è solo sussurrato e la macchina da presa sembra quasi spiare i protagonisti della campagna del No, adesso anche ciò che è contro la dittatura lo si vede in tv, si può dire No ad alta voce, lo si può dire davvero. La televisione legittima quindi questo dissenso e dá voce a chi per 15 anni ha dovuto tacere.
Con un’opera metatelevisiva, a tratti quasi documentaristica, Larraín ci mostra il passaggio in technicolor di un intero paese, donne “bellas y audaces” per fino nelle telenovelas, giovani che credono nei loro sogni e che tornano a lottare per la libertà e un mondo più giusto, che ritroviamo ancora oggi.

Si, perché No – i giorni dell’arcobaleno è un film di estrema attualità. In una nuova primavera (ottobre 2020) è stato indetto un nuovo plebiscito e l’allegria è tornata
per le strade di Santiago. Come nel 1988 il Cile pensa al suo futuro e questa volta alla creazione di una nuova costituzione, per liberarsi una volta di tutte dalle macerie di quella banalità del male crollata nei giorni dell’arcobaleno.

Valentina Cavicchi

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