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Nell’orbita di Hollywood la star più camaleontica del panorama cinematografico è senza dubbio Johnny Depp, maestro del trasformismo estetico che, sotto l’egida sicura del regista Scott Cooper, compie in Black Mass l’ennesima metamorfosi della sua carriera, trasponendo il proprio fisico al limite del riconoscibile. È lui il protagonista assoluto del film presentato fuori concorso alla 72ma Mostra del Cinema di Venezia, nel quale indossa i panni ‘macchiati di sangue’ di James ‘Whitey’ Bulger, uno dei criminali più feroci degli Stati Uniti e latitante per oltre 10 anni, nella black list dei ricercati dell’FBI e dell’Interpol con plurimi capi d’accusa pendenti sulla sua testa.
Sorretto da uno sguardo magnetico e da un volto che non lascia trasparire alcun tipo di emozione, il ‘neo-albino’ Depp, complice un make up impressionante, riesce a perforare l’occhio dello spettatore e, al contempo, delle sue ‘amabili’ prede. L’istinto da killer spietato coadiuvato da acuti schizofrenici, che animano il carattere da ‘mostro assassino’ con la passione per le armi da fuoco e per gli strangolamenti, viene sedato soltanto dall’amore per il piccolo figlio (a cui non smette di impartire lezioni di comportamento molto più affini alla negligenza) e dall’attaccamento alla ‘famiglia’, acquisita e naturale, sfortunatamente colpita da una sequela di eventi repentini. Ma la sua ascesa nel mondo della malavita di Boston è organizzata secondo un piano studiato a tavolino e calcolato con freddezza insieme all’agente dell’FBI John Connolly, interpretato da un brillante Joel Edgerton, il quale è determinato a incastrare ad ogni costo il clan italo-americano che governa il sistema della malavita locale. La posizione privilegiata di ‘informatore’ collaborazionista, con l’appoggio di un fratello sindaco (un elegante Benedict Cumberbatch abile nel virare in modo impeccabile il suo accento british in quello americano) permette a Bulger di muoversi nei suoi loschi e oscuri affari, forte della protezione della polizia e del suo nuovo complice, accecato oltre modo dal disegno messo in atto dal boss per portare la sua Winter Hill Gang al comando della cupola ‘anarchica’ della città.

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Aderente agli stilemi del cinema di Cooper, in particolare al più recente Out of Fornace con Christian Bale, Black Mass è un lungometraggio di genere che metabolizza il manierismo dei grandi maestri del gangster movie quali Coppola, Scorsese, Mann e Sergio Leone con un approccio classicista e tradizionale che non spicca tanto per la sua originalità quanto per l’impatto freddo ed emotivamente distaccato che persiste durante l’intero arco narrativo.
Lo scenario di una Boston dilaniata dagli orrori causati da uomini senza pietà e dal grilletto facile, che agiscono in nome della morale e di un preciso codice etico, è l’agghiacciante affresco dipinto dal regista con maturità estetica e linguaggio dinamico, rafforzato dal principio della costruzione filmica basata su lungo interrogatorio nel quale i protagonisti affermano il loro coinvolgimento e dichiarano ‘liberamente’ la loro posizione di colpevolezza. La belva col mitra che uccide a sangue freddo è la reincarnazione del demonio sulla terra, impenetrabile ed ermetico così come l’intera pellicola. Nella traiettoria diegetica opposta del capolavoro ambientato a Boston di Martin Scorsese The Departed, con Frank Costello di Jack Nicholson che consegna il testimone della leadership territoriale al Whitey Bulger inscenato da Johnny Depp, il film avverte l’esigenza di raccontare attraverso un ottica reale e diretta e con una chiave di rappresentazione alternativa il prologo, l’intermezzo e l’epilogo di una parentesi algente e crudele della storia degli Stati Uniti degli anni ’80. La voce dei personaggi è finalizzata ad aumentare il pathos e la tensione sulla figura dell’imperscrutabile boss, contemporaneamente ‘monarca e schiavo’ di una città dalla doppia anima, quella impavida e delinquente della criminalità e quella opportunista e corrotta delle istituzioni.

BLACK MASS

E se la legge, nata per essere infranta, è l’espediente più banale che trascina l’uomo nel tunnel della trasgressione, la pistola è la via di fuga, il percorso più rapido e breve, per ristabilire l’equilibrio in un ecosistema dove la ‘giustizia’ scagiona l’omicidio. La filosofia analoga che ha portato Jimmy Bulger a diventare la leggenda numero uno della malavita di Southie, l’ultimo e spietato gangster degli Stati Uniti.

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