
Il cinema horror è da sempre fucina di idee estremamente particolari. Molti registi che hanno anche pesantemente influenzato la storia del cinema provengono da questo genere, basti pensare ai film d’esordio estremi e a bassissimo costo di Sam Raimi e Peter Jackson.
Spesso, anzi, il fatto di essere prodotti sconosciuti e a ridottissimo budget ha fatto emergere i talenti coinvolti. Facendo di necessità virtù sono nati a volte veri e propri fenomeni di costume, come The Blair Witch Project alla fine degli anni ’90.
Zombie Contro Zombie (o, come dice il più accurato titolo internazionale, One Cut Of The Dead) ha sbancato i botteghini giapponesi e si infila più o meno di traverso, con tutte le differenze del caso all’interno del filone.
Ma è un film di cui è difficile parlare senza rovinarne la sorpresa…
ONE CUT, ALMOST
Inizialmente la trama è più che chiara e semplice: una piccola troupe si ritrova a girare un film horror a bassissimo costo in uno stabile abbandonato quando, dal nulla, cominciano a comparire dei veri zombie e il collerico e puntiglioso regista si rifiuta di smettere di girare questo stralcio di “cinema-verità”.
Le trovate chiave del film sono due: la scelta di girare in piano sequenza e quella di utilizzare un linguaggio puramente meta-cinematografico (su più livelli).
La prima è quella che ripaga di più sul finale. Inizialmente, diverse sequenze risultano oltremodo noiose e raffazzonate e sarà solo in un secondo momento che se ne comprenderà il senso: nulla è lasciato al caso, ma spesso si forza un po’ troppo la mano e si abusa della pazienza dello spettatore.
L’approccio meta-cinematografico invece consente di giocare continuamente con vari piani della “realtà”, confidando nella voglia del pubblico di stare al gioco. Anche qui, nella parte finale, esce tutta la potenza dell’idea ma, di nuovo, si arriva al succo del film troppo tardi.
Un buon cast con un terreno narrativo vasto e variopinto in cui agire e l’evidente capacità del comparto tecnico (e del regista Ueda Shinichiro) sono i veri punti di forza dell’opera.
LA SVOLTA